
25/11/2025
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25/11/2025
Ci sono giorni in cui il corpo sembra avere più voce di noi.
Una tensione che non passa, un mal di testa che torna, una stanchezza che non capiamo… e dentro un pensiero silenzioso: “Ma è normale sentirmi così?”
È una domanda che ricevo spesso, soprattutto dalle donne con cui lavoro ogni giorno.
E la verità è che “normale” non significa universale. Non significa uguale per tutte.
Siamo parte della stessa specie, sì… ma ognuna di noi vive il corpo con una storia diversa, con emozioni diverse, con un modo tutto suo di tenere e lasciare andare.
Per questo ho chiesto a Elena — che da anni ascolta i corpi delle persone prima ancora delle loro parole — di raccontare che cosa significa davvero essere “normali” e perché i sintomi che ci disturbano non sono mai solo sintomi.
Siamo tutti parte della stessa specie e, come tali, condividiamo una struttura fisica, organica e fisiologica incredibilmente simile. Il nostro scheletro, composto da 206 ossa, ne è l'esempio lampante: le ossa del cranio, della colonna vertebrale, delle costole, delle braccia e delle gambe sono tutte disposte nello stesso modo e svolgono le stesse funzioni fondamentali. Anche le articolazioni, come le ginocchia, i gomiti e le anche, hanno una struttura e una funzione simile in tutti gli individui.
La struttura e la funzione dei nostri organi vitali e dei nostri sistemi fisiologici, come il sistema circolatorio, il sistema respiratorio, il sistema nervoso e il sistema digestivo, funzionano in modo molto simile in tutti gli esseri umani. Il cuore pompa sangue ricco di ossigeno ai tessuti, i polmoni scambiano ossigeno e anidride carbonica, il cervello processa informazioni e coordina le funzioni corporee, e il sistema digestivo scompone il cibo in nutrienti essenziali. Queste funzioni fondamentali sono condivise da tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle differenze individuali.
Tuttavia, nonostante questa sorprendente uniformità, ci sono molti fattori che contribuiscono a rendere ogni individuo unico e diverso dagli altri. Le differenze esteriori, come il colore della pelle, la forma degli occhi, la statura e il peso, sono segni evidenti delle nostre peculiarità individuali e diventano caratteristiche importanti per la nostra identità.
Ma è soprattutto l'aspetto emotivo, psicologico e sociale a rendere ogni essere umano profondamente diverso dall'altro. La personalità, il temperamento, l'ambiente in cui cresciamo, le esperienze di vita, le credenze e le convinzioni influenzano il modo in cui percepiamo il mondo, interagiamo con gli altri e affrontiamo le sfide della vita.
Oggi ci chiediamo spesso cosa sia "normale" e cosa no, confrontando il nostro corpo, le nostre idee e i nostri comportamenti con quelli degli altri. Ma il concetto di normalità può essere fuorviante: i corpi umani sono incredibilmente simili eppure diversi tra loro.
I corpi umani sono progettati per funzionare in modo efficiente e adattarsi alle esigenze individuali per questo è fondamentale conoscere e rispettare le proprie inclinazioni naturali, i propri punti di forza e le proprie esigenze per mantenere l'integrità fisiologica e far sì che i processi biochimici dell'organismo continuino a lavorare in maniera sana ed equilibrata.
Quando siamo in sintonia con le nostre attitudini e i nostri valori, il corpo risponde con maggiore equilibrio, riducendo lo stress e favorendo il benessere generale.
Accettare e rispettare le differenze individuali, e restare fedeli a ciò che ci rende unici, è la chiave per mantenere un equilibrio salutare e felice.
Ma cosa accade quando ignoriamo questa verità interiore?
Il corpo spesso ci manda segnali d'allarme.
Prendi il mal di testa, ad esempio: un sintomo molto comune che può essere il riflesso di un disagio più profondo.
Il mal di testa è un disturbo comune e generalmente non grave, che può però creare notevoli disagi nella vita quotidiana.
L’emicrania si è classificata al 3° posto tra le cause di disabilità in uomini e donne con meno di 50 anni.
Se si considerano tutti i tipi, i sottotipi e le varianti meno frequenti, la medicina tradizionale arriva a contare oltre 150 forme di cefalea (mal di testa) che si differenziano per cause e fattori scatenanti, tipo di dolore e sintomi di contorno, modalità di insorgenza, zona o zone del capo in cui si localizza, durata e frequenza degli attacchi.
Di fronte ad alcuni tipi di mal di testa è importante rivolgersi al medico di famiglia per avere indicazioni corrette su come affrontarli in modo sicuro ed efficace.
Che si tratti di cefalea a grappolo oppure tensiva, che il dolore arrivi in sede frontale oppure occipitale, che sia psicogeno, a predisposizione genetica o di matrice ormonale, il mal di testa esprime sempre anche qualcosa di esistenziale e di importante.
Rivela la presenza di un vissuto interiore cui la persona non dà spazio, perché non può, non riesce o non sa che esiste. Un vissuto costituito da un qualcosa di importante che chiede di essere risolto o da una carica che ha assoluto bisogno di essere espressa ma non ci riesce. O che ci riesce male, come quando invece di parlare ed esprimerti liberamente mugugni e non sbotti oppure sbotti con le persone o le parole “sbagliate”.
Anche la scienza ha confermato che il corpo è sede della mente e che i sintomi fisici sono campanelli che richiamano l’attenzione sulle nostre emozioni.
Potremmo quindi dire che ciascun segnale del corpo è di origine psico-emotiva.
Riconoscere e rispettare le nostre unicità, ascoltare i segnali che il corpo ci manda e esprimere i nostri pensieri e sentimenti sono passaggi fondamentali per mantenere un equilibrio salutare e felice sia nel corpo che nella mente che nelle relazioni.
Se quello che hai letto ti ha risuonato anche solo un po’, sappi che il tuo corpo non ti sta “disturbando”: ti sta guidando.
E imparare ad ascoltarlo è un vero atto d’amore verso te stessa.
Ogni venerdì io ed Elena portiamo avanti questo lavoro con serietà, cura e tanta esperienza: aiutiamo le persone a leggere i segnali del corpo, a riconoscere le emozioni che li muovono e a ritrovare un equilibrio che sia davvero loro.
Qui sul mio sito trovi tutti gli approfondimenti già pubblicati e quelli che usciranno nelle prossime settimane, tutti i venerdì sui nostri social.
E se senti che è il momento di un passo in più, puoi scriverci direttamente su WhatsApp: insieme possiamo capire da dove partire, con rispetto dei tuoi tempi e delle tue necessità.
La felicità s’impara facendola, non parlandone.
Santina Bossini – Elena Cherubini

12/11/2025
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12/11/2025
(Rubrica: Il Corpo Parla – di Elena Cherubini in collaborazione con me)
Vi presento Elena: è una mia cara e stimata collega coach, riflessologa, fisioteraprista ed esperta di medicina cinese. Con la sua professionalità, competenza, e profonda conoscenza del corpo umano e delle emozioni, ci accompagna nella conquista di una consapevolezza concreta, che si fa strumento quotidiano per una vita in salute e felice.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità”.
Una definizione che dovrebbe farci riflettere: non basta che il corpo “funzioni” per dire di stare bene.
La salute non è solo assenza di dolore o di sintomi, ma equilibrio tra corpo, mente e relazioni.
Il nostro corpo ci parla continuamente.
Lo fa con la sua voce antica e precisa: quella dei segnali, delle tensioni, delle stanchezze, dei piccoli dolori, delle emozioni trattenute.
Ogni giorno ci manda messaggi che provano a dirci dove stiamo andando fuori rotta, o dove ci stiamo trascurando.
Il problema è che non ci hanno mai insegnato a capirne la lingua.
Ti sarà capitato, da bambino, di avere mal di pancia prima di andare a scuola.
Ti avranno chiesto: “Quanto cioccolato hai mangiato?”.
Ma, spesso, non era il cioccolato.
Era paura. Bisogno di sicurezza, di protezione, di restare un po’ nel nido caldo della casa.
Il corpo è il nostro primo linguaggio, ma da adulti lo trattiamo come un mezzo: lo forziamo, lo giudichiamo, lo spingiamo sempre “oltre”.
Eppure lui non mente mai: quando parla, è perché ha bisogno di essere ascoltato.
Ascoltare il corpo significa fermarsi, respirare e riconoscere la sua presenza.
Significa accorgersi che siamo vivi e che ogni respiro, ogni battito, è un messaggio di cooperazione tra corpo e mente.
Un piccolo esercizio quotidiano può essere già un inizio:
Concediti 5 minuti al giorno solo per te.
Siediti comoda, o resta in piedi con i piedi ben radicati a terra.
Respira.
Senti l’aria che entra e che esce.
Riconosci il movimento dei muscoli, del diaframma, del petto.
È nel momento in cui riconosci che esisti che il corpo inizia a parlarti.
E se lo ascolti davvero, inizia anche a raccontarti come stai: fisicamente, emotivamente, spiritualmente.
Perché ogni volta che avvertiamo una sofferenza fisica, possiamo essere certi che c’è anche una sofferenza emotiva o mentale che chiede spazio.
C’è una parte di noi — una potenzialità, come direbbe il coaching umanistico — che non stiamo allenando o che stiamo sovraccaricando.
Nel mio lavoro di fisioterapista ho incontrato molte persone che, pur provando dolore, continuavano a ignorare i segnali del corpo.
“Devo finire quel progetto”, “Devo occuparmi dei miei figli”, “Non posso fermarmi ora”.
E così, giorno dopo giorno, la stanchezza diventava abitudine.
Ma trascurarsi è un modo di dimenticare di esistere.
Prendersi cura di sé, invece, significa riconoscere il valore del corpo come alleato e non come strumento.
È attraverso il corpo che viviamo, amiamo, lavoriamo, abbracciamo, creiamo.
È lui che ci porta nel mondo e che ci avvisa quando qualcosa dentro o intorno a noi non è più in equilibrio.
Grazie alla collaborazione con Santina ho imparato che le potenzialità sono 24, 24 risorse che ciascuno di noi possiede per orientare la propria vita in modo consapevole, equilibrato e felice.
Allenarle significa imparare a conoscersi, a capire quali parti di noi stiamo trascurando e come riportare armonia tra corpo, mente e spirito.
Non basta un corpo sano per essere felici.
Non basta una mente lucida.
Non bastano relazioni positive.
Serve equilibrio tra tutte e tre.
Serve presenza.
Serve consapevolezza.
E serve ascolto.
Perché i segnali del corpo hanno sempre un unico scopo: ricordarci come vivere meglio, con più autenticità, salute e felicità.
�� Felici s’Impara, anche imparando a stare in ascolto di sé — con il corpo, con il cuore e con la vita.
Elena Cherubini e Santina Bossini

01/11/2025
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01/11/2025
Spezzare il Circolo Vizioso: come uscire dall’autosabotaggio e tornare a scegliere se stessi
Quante volte ci è capitato di desiderare un cambiamento e poi, appena si è presentata l’occasione, tirare il freno a mano?
Ci raccontiamo che non è il momento giusto, che dobbiamo ancora capire, che forse non siamo abbastanza preparati.
E intanto la vita resta in attesa, sospesa tra il desiderio di andare avanti e la paura di farlo davvero.
Questo movimento è sottilissimo ma potente.
È l’autosabotaggio: quel meccanismo invisibile che ci tiene fermi, anche quando la mente dice “vai”.
Nasce dalla paura, ma si traveste da prudenza, da razionalità, da buon senso.
Ci illude di proteggerci, mentre in realtà ci allontana da ciò che siamo.
Quando la paura guida, la vita si restringe
La paura del cambiamento è naturale.
Ogni trasformazione ci mette davanti all’ignoto, e l’ignoto fa tremare.
Ma la paura, se non ascoltata, diventa un ostacolo silenzioso.
Ci fa rimanere dove soffriamo, pur di non affrontare la fatica di crescere.
Il punto è che crescere significa anche perdere pezzi di ciò che eravamo.
Significa dire addio a vecchie abitudini, a ruoli che non ci rappresentano più, a modi di pensare che ci hanno accompagnato per anni.
E questo, sì, fa male.
Ma è un dolore che libera, non che imprigiona.
Perché la felicità non arriva quando smettiamo di avere paura, ma quando smettiamo di lasciarci comandare da essa.
L’autosabotaggio ha sempre un intento positivo — e un messaggio spirituale
Nel coaching umanistico impariamo che ogni comportamento, anche quello che ci danneggia, nasce da un intento buono: proteggerci.
Ma nel coaching spirituale andiamo ancora più in profondità: riconosciamo che ogni paura è un portale, un’occasione per tornare a noi.
Finché restiamo sulla soglia, raccontandoci “la storia dell’orso” — quella che inizia sempre con “non posso”, “non è il momento”, “non sono pronta” — restiamo nel racconto, non nella verità.
La verità arriva quando smettiamo di scappare e entriamo nella paura.
La osserviamo, la attraversiamo, le permettiamo di parlarci.
Solo così la paura smette di essere un nemico e diventa una maestra: ci mostra dove c’è vita che vuole espandersi, dove c’è un desiderio che chiede spazio.
E in quel momento, smettiamo di sabotarci e iniziamo a fidarci.
Allenarsi alla fiducia: il DDF e la prova dei fatti
Il cambiamento non è un colpo di fortuna, è un allenamento quotidiano.
Nel mio metodo Felici s’Impara parlo spesso di DDF — Darsi Da Fare.
Non in modo cieco o compulsivo, ma come scelta consapevole di stare nel processo.
Perché la felicità, come ogni competenza, si allena facendo.
C’è una riprova semplice, scientifica e universale: qualsiasi cosa, se vuoi imparare a farla bene, la devi fare e rifare.
Guidare, sciare, scrivere, amare, pensare. Tutto.
La padronanza nasce dal movimento ripetuto, non dal pensiero perfetto.
E quando ripeti, osservi, correggi e riprovi, impari non solo a “fare”, ma ad autogovernarti: a essere tu la guida del processo, non la vittima delle circostanze.
L’azione concreta è il vero antidoto all’autosabotaggio.
Perché quando agiamo, il corpo impara prima della mente.
È così che si costruisce la fiducia: un piccolo passo alla volta, finché la paura smette di essere un muro e diventa una soglia.
La felicità si allena, non si attende
Non arriverà mai il momento perfetto.
Arriverà il momento in cui deciderai che va bene così: con le tue paure, le tue incertezze, i tuoi limiti.
E da lì inizierai a muoverti.
Non per cambiare tutto, ma per vivere meglio dentro ciò che sei.
L’autosabotaggio si dissolve quando scegliamo di darsi da fare, anche imperfettamente.
Quando l’amore per la vita diventa più forte della paura di perderla.
Quando iniziamo a ricordarci che la felicità non è un punto di arrivo, ma un modo di camminare.
E se vuoi un campanello d’allarme per capire quando ti stai fermando, ascolta queste parole:
“Sono fatta così.”
Ogni volta che le pronunci, fermati e chiediti — così come?
Scrivilo. Nero su bianco.
Perché verba volant, scripta manent (le parole volano, gli scritti rimangono).
Scrivendo, ti accorgerai che “così come” non è una condanna, ma un punto di partenza.
Puoi imparare, puoi cambiare, puoi crescere.
Felici s’impara, sempre. Strada facendo.
�� Allenamento per te – esercizio di consapevolezza
Prenditi dieci minuti e scrivi, senza filtri:
Una situazione in cui ti dici spesso “sono fatta così”.
Cosa temi davvero che possa accadere se cambi.
Un piccolo gesto concreto (anche minimo) che puoi fare oggi per darti da fare in quella direzione.
Non serve la perfezione. Serve iniziare.
Ricorda: la felicità è un muscolo, non un colpo di fortuna.
�� Felici s’impara, strada facendo.
Io sono Santina Bossini, life coach umanista, family coach Montessori e allenatrice di felicità.
Accompagno persone, donne e famiglie a ritrovare equilibrio, fiducia e libertà interiore attraverso il mio metodo Felici s’Impara, che integra il coaching umanistico, il pensiero Montessori e la spiritualità concreta del fare.

20/08/2025
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20/08/2025
Da quando ho iniziato a collaborare con le colleghe Elisa ed Elena nel progetto Glowup.ClubRosa, il mio sguardo sulla bellezza e sul potere femminile sta cambiando profondamente. Sta diventando uno sguardo più curioso, appassionato, attento. Un ambito che prima sentivo lontano ora mi parla, mi coinvolge e mi richiama a nuove responsabilità: quelle di accogliere le donne non solo nelle loro fragilità, ma anche nei loro desideri di bellezza, di cura, di luce. Per questo sto dedicando studio, ascolto e ricerca, affinché ciò che offriamo con il nostro lavoro sia davvero una risposta viva e concreta alle esigenze che emergono dai loro racconti. Perché la bellezza, se vista con occhi nuovi, può essere un ponte verso l'autenticità, la consapevolezza e il potere personale.
Quando parliamo di bellezza femminile, parliamo di qualcosa che tocca corde profonde: il sentirsi bene con se stesse, il piacersi, l'essere autentiche senza paura del giudizio. Ma quante volte, dietro alla parola bellezza, troviamo invece giudizi, pressioni e contraddizioni?
"Sentirsi belle" è spesso visto come un segno di vanità superficiale, qualcosa che le donne devono giustificare, come se il desiderio di star bene nel proprio corpo fosse una colpa. Dall'altro lato, la società ci impone modelli di bellezza "naturale" che in realtà naturale non è per niente: nella nostra epoca dominata dai social, dai filtri fotografici e dai ritocchi digitali, l'idea di una bellezza spontanea è diventata spesso solo un'illusione costruita con cura. Questa apparente naturalezza, infatti, richiede grandi sforzi dietro le quinte e una rigida autodisciplina, creando così aspettative irrealistiche e pressioni costanti. Così, molte donne restano intrappolate tra ciò che vogliono essere realmente e un ideale virtuale irraggiungibile, vivendo con senso di inadeguatezza e frustrazione."
Ma che succederebbe se scegliessimo un'altra strada, quella del cambiamento autentico e libero, basato sui nostri punti di forza? che non emergono automaticamente, ma richiedono un vero e proprio allenamento per essere ricordati, riconosciuti e scoperti, dato che siamo culturalmente abituate a concentrarci solo su ciò che non va, sugli aspetti negativi e sui difetti percepiti. Se ci pensi fin da bambine, ci viene insegnato a passare sempre e solo da una porta: quella dei voti, delle valutazioni, del "quanto vali" misurato con un numero. Tutto il resto – la creatività, la gentilezza, la perseveranza, l'empatia – resta spesso invisibile, come se non avesse valore. Così impariamo a identificarci solo con i nostri limiti, dimenticando i nostri talenti. Imparare a vedere e valorizzare ciò che funziona in noi diventa allora una pratica rivoluzionaria e quotidiana, capace di restituirci autostima, fiducia e un reale senso di benessere. È una vera e propria rivoluzione del tuo pensiero.
La risposta può arrivare dal Metodo Montessori per adulti, come ci insegna il progetto MOMA (Montessori Method for Orienting and Motivating Adults). Ma non solo: un altro pilastro fondamentale di questo percorso trasformativo è il coaching umanistico. Che come il metodo Montessori ha la sua visione centrata sulla persona e sul potenziale umano, anche il coaching umanistico cambia radicalmente lo sguardo, aiutandoci a vedere ciò che spesso non vediamo più: la nostra forza, il nostro valore, il nostro desiderio autentico di fiorire. È un approccio che non punta a "riparare" ma a far emergere, a riconoscere quello che già c'è, a riportare alla nostra consapevolezza quello che crediamo di non avere nemmeno.
Insieme, il Metodo Montessori per adulti e il coaching umanistico formano due colonne portanti: una struttura solida su cui puoi davvero costruire il castello di te stessa, fatto di autenticità, libertà e bellezza consapevole.
La Mente Assorbente: Risvegliati alla Tua Unicità
La mente assorbente ci invita a esplorare attivamente il mondo con tutti i sensi, scoprendo ciò che davvero risuona con noi. Non limitarti ad assorbire passivamente standard imposti, ma ascolta ciò che il tuo corpo e la tua mente ti dicono. Ricorda: essere diverse non significa essere sbagliate. La bellezza autentica parte proprio da qui: dalla scoperta di ciò che ti fa sentire bene profondamente, e non solo in superficie.
Ambiente Preparato: Il "Noi" come Potere
Un ambiente preparato per adulti, come il nostro "Spazio del Noi", ti permette di aprirti e raccontarti senza giudizio. È un luogo dove puoi sentirti vista e ascoltata davvero. Quando ci sentiamo accolte e comprese, ritroviamo equilibrio e fiducia, ingredienti fondamentali per un cambiamento concreto e duraturo.
Ma non esiste ambiente esterno che possa sostenerci davvero se prima non impariamo a coltivare l'ambiente interno: quello spazio interiore fatto di pensieri, emozioni, memoria e desideri. Il nostro mondo esterno è spesso uno specchio di ciò che ci portiamo dentro. Per questo è importante prendersene cura, allenandosi ogni giorno a portare ordine, presenza, gentilezza e verità nei nostri pensieri. Un ambiente interno armonioso rende possibile anche la fioritura delle relazioni e del cambiamento.
Indipendenza e Autonomia: Allenati al Tuo Potere Personale
Il Metodo Montessori insegna che l'indipendenza è libertà di scelta. E mi piace ricordare sempre che libertà non è fare quello che voglio, ma volere quello che faccio. È una disciplina dell’anima, conquistata giorno dopo giorno, e mai imposta dall’esterno. Nasce dalla nostra autenticità più profonda.
Imparare a scegliere per te stessa significa smettere di vivere per piacere agli altri, o per conformarti a modelli imposti. Significa allenarti a riconoscere ciò che ti muove davvero, ciò che ti accende, ciò che ti fa bene. Ogni scelta che rispetta la tua verità interiore ti avvicina al tuo potere personale e a un benessere che ha radici vere.
Ma questa libertà non è scontata. Richiede esercizio, domande, presenza. Certo, dobbiamo anche vivere, lavorare, pagare le bollette… ma proprio per questo è fondamentale chiederci spesso: "A quale scopo faccio questo? Perché dico quello? Cosa mi guida quando penso così?". È questo il cuore dell’autonomia: scegliere ogni giorno da che parte stare, anche quando il mondo va in un’altra direzione.
E questo cuore batte davvero solo quando ciò che facciamo ha senso e piacere per noi. Quando c'è corrispondenza tra ciò che sentiamo e ciò che viviamo. Il piacere – quello profondo, pieno, vitale – è il segnale che stiamo andando verso la nostra verità. Coltivarlo non è un capriccio: è un atto politico e spirituale insieme. È scegliere di fiorire.
Osservazione: Trasforma la Tua Storia in Forza
Osservarti senza giudizio significa accogliere tutto ciò che ti abita, anche le parti dolorose della tua storia. Non per trasformarlo in qualcos’altro, ma per riconoscerlo, vederlo, farci pace. Non è una trasformazione, è una comprensione. È riconoscere quello che hai e chi sei attraverso quello che senti.
Da questa consapevolezza nasce un’educazione emotiva profonda: imparare a conoscere le emozioni ci permette di coltivare i sentimenti, di dare significato a ciò che viviamo, di arricchire la nostra coscienza. Tutto parte dall’osservazione: solo se impariamo ad osservarci possiamo accorgerci di ciò che ci abita davvero. E allora riconoscere, senza giudicare, diventa il primo passo per ritrovare il centro.
Ed è proprio qui che si inserisce anche il potere delle parole: le parole che conosciamo, che usiamo, che scegliamo. Perché saper nominare qualcosa cambia il modo in cui la viviamo. Lo dico sempre: quando lo sai, lo sai. E non puoi più fare finta di niente. La lettura, lo studio, la riflessione diventano allora strumenti potenti per imparare ad abitare davvero la nostra vita interiore, con chiarezza, profondità e presenza.
Sperimentazione: Agisci e Cambia Davvero
Non limitarti alla teoria: agisci concretamente. Metti in pratica nuove esperienze, prova cose che non hai mai fatto. Questo approccio esperienziale rende il cambiamento tangibile, visibile, motivante, perché vissuto nel corpo, nei gesti, nella quotidianità.
Pensa ai bambini: quando imparano qualcosa di nuovo non lo fanno per raggiungere un risultato, ma per il puro piacere del fare. Si immergono totalmente nell’esperienza, vivono il flow, quello stato di presenza piena in cui tutto scorre e la mente tace e apprende insieme al corpo. È in quello spazio che nasce il cambiamento vero: non dalla performance, ma dalla presenza.
E poi c'è il Signor Errore – come lo chiamava Maria Montessori. Non un nemico da evitare, ma un alleato da osservare. Ancora l'osservazione. L’errore, quando riusciamo ad accoglierlo, diventa maestro e non giudice. In questo modo, anche ciò che sembra “sbagliato” diventa parte del nostro processo, e ci insegna qualcosa di nuovo su di noi. Un vero cambio di paradigma: smettere di correggere per iniziare a comprendere.
La bellezza autentica non è uno stato statico da raggiungere, ma un allenamento quotidiano, un modo attivo e consapevole di abitare la tua vita. È un viaggio interiore che assomiglia al lavoro dello scultore: ogni gesto, ogni scelta, ogni parola scolpisce la materia grezza dell’esistenza, portando alla luce la forma che da sempre esisteva sotto la superficie.
Ricorda che la felicità e la bellezza, sì, s’imparano giorno dopo giorno. E proprio questo costante allenamento diventa la chiave di accesso al tuo empowerment: un percorso che ti restituisce potere, che ti insegna a scegliere, a esprimerti, a occupare con coraggio e presenza il tuo posto nel mondo.
Il potere femminile nasce anche da qui: dal riconoscere che ogni giorno puoi decidere di essere la protagonista della tua storia, non per apparire, ma per incarnare. Non per aderire a un ideale esterno, ma per manifestare la tua bellezza profonda, viva, imperfetta e meravigliosamente vera.
Io sono qui per accompagnarti passo passo in questo viaggio meraviglioso verso una vita autentica e pienamente vissuta.
Sempre immensamente grata, la Santy

09/07/2025
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09/07/2025
Succede piano.
Non è un uragano, ma piuttosto una nebbia silenziosa.
Ti alzi ogni giorno, fai quello che “devi”, incastri gli impegni, porti avanti tutto con cura e senso del dovere. E così, senza accorgertene, attivi il pilota automatico.
Quel meccanismo invisibile che ti fa andare avanti per inerzia: rispondi alle esigenze degli altri, spunti le cose da fare, ti adatti a ogni imprevisto, ma non ti chiedi più se ciò che stai vivendo ti corrisponde davvero.
Il pilota automatico ti fa sopravvivere, ma non ti fa scegliere. Ti protegge dalla fatica della consapevolezza, ma ti allontana ogni giorno un po’ di più da te stessa. Ti fa sembrare "organizzata", ma in realtà sei solo in apnea.
E intanto, un po’ alla volta, perdi il contatto con ciò che ti fa bene davvero. Con ciò che ti accende. Con chi sei tu, oltre i ruoli.
All’inizio non te ne accorgi.
Poi cominci a sentire qualcosa che stride. Una stanchezza che non passa. Una voce interiore che ti sussurra:
“Così non può andare avanti”.
Ma non sai da dove partire. E allora continui. Tieni botta. Ti dici che forse passerà. Che magari in vacanza. Magari con più tempo. Magari il mese prossimo.
Intanto, però, non sei felice.
E nemmeno infelice.
Sei sospesa. In bilico tra ciò che senti e ciò che fai. Ti muovi, ma senza una vera direzione. Funzioni, ma non vivi davvero. Non c’è un dolore preciso, ma una assenza di gioia, come se qualcosa dentro fosse rimasto indietro. Una parte di te osserva tutto da lontano, aspettando un segnale, un appiglio, un motivo vero per ricominciare. È come abitare una vita che conosci, ma che non ti appartiene più davvero. Eppure continui. Per abitudine, per responsabilità, per affetto. Ma nel profondo, una voce resta lì, in attesa. E tu con lei.
Questo articolo è per te, che ti sei dimenticata — o ti hanno fatto dimenticare — cosa ti rende davvero felice.
È per te che sogni una nuova versione di te stessa, ma temi che sia tardi, o troppo difficile.
È per te che senti l’urgenza del cambiamento, ma non hai una direzione chiara.
È per te che stai resistendo, ma vorresti finalmente scegliere.
E magari, per la prima volta, scegliere te stessa.
Perché non si tratta di inventarti da zero, ma di ricordarti chi sei. È un lavoro di memoria interiore. Di ricordo di sé. Di ritorno a casa. Dentro di te hai già tutto: desideri, talenti, intuizioni, potenzialità. Solo che la vita, le pressioni esterne, le aspettative e la fatica ti hanno fatto perdere il filo.
E allora questo articolo è anche un invito a ricentrarti. A riconoscere che — anche se oggi ti sembra di non avere il controllo — tu sei e resti la prima responsabile della tua vita. Non colpevole, ma potente. Non sola, ma protagonista.
Perché la felicità non arriva da fuori: si risveglia da dentro. E tutto parte da un atto coraggioso e dolce: **ricordarti di te.
Questa è la ferita più invisibile.
Non stai male “per qualcosa”.
Stai male per tutto quello che hai smesso di sentire.
Ci insegnano a essere brave, utili, presenti. A far funzionare le cose, a prenderci cura degli altri.
E ci dimentichiamo che la felicità non è un premio da guadagnare con l’efficienza, ma una direzione da coltivare.
Nel mio percorso Happy Life Balance, la prima cosa che facciamo è proprio questa: ritornare a ciò che ti fa brillare.
All’inizio non è facile, perché quando ti chiedono: “Cosa ti fa felice?”, non sempre sai rispondere.
Ma basta allenarsi.
La felicità non è un istante magico. È una pratica. Un'educazione. Un modo di guardarsi dentro.
Uno dei principi fondamentali del coaching umanistico è proprio questo: partire dai tuoi punti di forza. Non per ignorare le tue fragilità, ma per imparare a sostenerle con ciò che hai già dentro di te. Le tue risorse naturali — come la creatività, la determinazione, la capacità di cura, la tenacia — diventano la base solida su cui appoggiarti quando qualcosa traballa. È come costruire una casa ben piantata: non si nega il vento, ma si impara a stare in piedi anche quando soffia forte.
E così, nel tempo, impari a fare luce su ciò che ti nutre, a riconoscere ciò che ti fa bene, e a trasformare quella conoscenza in azione quotidiana.
Come diceva Maria Montessori:
“Aiutami a fare da solo.”
Anche l’adulta che sei oggi ha bisogno di essere aiutata a “fare da sé”, a ritrovare la propria via alla gioia.
E non è mai troppo tardi per imparare.
Ogni sogno porta con sé una domanda segreta:
“Sono all’altezza?”
Ecco perché molte donne non iniziano mai.
Perché sentono che sognare è lecito, ma realizzare è troppo: troppo grande, troppo rischioso, troppo lontano da ciò che oggi appare possibile.
Eppure, quello slancio verso il cambiamento non è un capriccio. È il segnale vivo della nostra tensione naturale all’autorealizzazione. Una spinta interna che non ci abbandona mai, anche nei momenti più confusi. Nel coaching umanistico, questa tensione è vista come una delle potenzialità fondamentali dell’essere umano, ed è proprio allenandola che possiamo ricostruire la nostra autostima, non come autogiudizio ma come riconoscimento del nostro valore in divenire.
Ogni volta che rispondi a un desiderio autentico, che scegli un passo nella direzione della tua crescita, stai affermando che sei degna di fiducia. La tua. E lì, proprio lì, la tua stima per te stessa comincia a rinascere.
Nel mio lavoro quotidiano, ho visto decine di donne trasformare il proprio sogno in un percorso.
Non in un colpo di testa, ma in un cammino passo passo, fatto di piccole scelte, nuove consapevolezze, strumenti concreti e visione.
Perché il cambiamento non è una scossa, ma una transizione accompagnata.
E sì, è anche faticoso. Ma è una fatica scelta, e proprio per questo è trasformativa. Non una corsa a vuoto, ma un allenamento consapevole. Ecco perché nel coaching umanistico parliamo di disciplina come forma di libertà: non si tratta di fare sempre quello che vuoi, ma di imparare a volere ciò che fai, perché è in linea con chi sei. Perché ti somiglia. Perché ti rende vera.
E questo è esattamente quello che facciamo insieme in Happy Life Balance:
perché quando tutto sembra mescolato — pensieri, emozioni, doveri, aspettative — il primo passo non è fare di più, ma vedere meglio. Mettere ordine nel caos significa fermarsi e dare un nome alle cose: cosa sento davvero? Cosa mi sta chiedendo la vita? Cosa desidero per me, non per compiacere? È un processo di chiarezza profonda, in cui il disordine diventa occasione di consapevolezza. Il coaching umanistico ci accompagna anche in questo: non per semplificare la vita, ma per riconoscere in mezzo al rumore ciò che conta davvero per noi, e cominciare da lì.
perché spesso li abbiamo messi a tacere per troppo tempo. Cresciute nell’idea che fosse più importante essere utili che autentiche, abbiamo imparato a ignorare ciò che ci chiama dentro. Ma i desideri veri — quelli che vengono dal cuore, non dal bisogno di approvazione — non urlano, bussano piano. Dargli voce significa ascoltarli con rispetto, anche quando sembrano scomodi o fuori rotta. Significa imparare a dire: “Questo lo voglio per me, non per essere abbastanza per gli altri, ma per essere vera con me stessa.” Significa anche concedersi il diritto di desiderare senza doverlo giustificare.
perché l’ansia non è sempre un nemico da combattere, ma un messaggio da ascoltare. È una forma di energia che chiede direzione. Quando impariamo a riconoscerla, a nominarla, e a metterla al servizio di qualcosa di significativo, allora diventa spinta creativa. Proprio su questo abbiamo lavorato durante l’evento Glowup Rosa di lunedì 7 luglio, dove con tante donne coraggiose abbiamo trasformato insieme il nodo dell’ansia in un’occasione di ascolto, di condivisione e di forza. Abbiamo visto che l’ansia non va tolta, ma trasformata: in consapevolezza, in respiro, in movimento. In energia, appunto.
perché spesso ci troviamo a vivere giornate piene, ma vuote di significato. Fare chiarezza significa distinguere l’essenziale dall’accessorio, ciò che nutre da ciò che semplicemente occupa spazio. È un processo di selezione interiore, in cui impariamo a riconoscere i nostri veri valori, le relazioni che ci arricchiscono, le attività che ci fanno sentire vive. È un atto di verità, che richiede presenza e coraggio, ma che ci restituisce il potere di scegliere in base a ciò che ci corrisponde davvero. In Happy Life Balance, questo significa imparare a dire dei sì pieni e dei no liberi. Significa imparare a orientare la bussola verso ciò che dà senso, piuttosto che lasciarsi trascinare dall’urgenza del fare.
La verità è che tu esisti già, anche nella tua versione nuova.
È dentro di te, come un seme che aspetta le condizioni giuste.
Il problema è che spesso cerchiamo conferme fuori:
E quando ci esponiamo al mondo in cerca di conferme, entriamo spesso in una zona fragile dove il giudizio degli altri diventa misura del nostro valore. Ma è importante distinguere: un’opinione è un punto di vista, il giudizio è una condanna. L’opinione lascia spazio alla curiosità, alla crescita, al confronto. Il giudizio blocca, riduce, irrigidisce.
E troppe volte ci facciamo condizionare da giudizi che in realtà non parlano di noi, ma delle paure e dei limiti di chi li esprime. Spesso chi giudica sta semplicemente cercando di proteggere se stesso da ciò che non conosce, da ciò che lo mette in discussione, o da ciò che non ha avuto il coraggio di scegliere. Il giudizio diventa così un riflesso delle sue insicurezze, dei suoi freni, dei suoi schemi irrisolti.
Eppure, quando non siamo ben radicate in noi stesse, quei giudizi ci colpiscono come se fossero verità assolute. Così finiamo per mettere in discussione la nostra autenticità, per vergognarci del nostro desiderio di cambiare, per spegnere la voce che dentro di noi già sa dove andare. In realtà, ciò che ci ferisce non è il giudizio in sé, ma il fatto che in quel momento non siamo ancora abbastanza centrati per lasciarlo andare.
Nel percorso Happy Life Balance, impariamo a riconoscere quei giudizi, a smontarli con amorevolezza e consapevolezza, e a riappropriarci del nostro sguardo su di noi. Perché solo noi possiamo dire chi siamo davvero. E solo noi possiamo dare fiducia alla nostra parte nuova, che non aspetta altro che essere vissuta.
Prima di iniziare un percorso, quella parte più autentica di noi può restare a lungo nascosta sotto una coltre di frasi che non ci appartengono davvero: i “non si può”, i “non serve”, gli “ormai” che abbiamo interiorizzato da altri. Sono pensieri limitanti, seminati — spesso inconsapevolmente — da persone che non hanno saputo o voluto credere in sé stesse. Giudizi che nascono dalle loro paure, dal loro bisogno di controllo o dalla frustrazione di non aver mai avuto il coraggio di cambiare. Ma questi giudizi parlano di loro, non di noi. E riconoscerlo è già un atto di libertà.
Nel percorso Happy Life Balance impariamo a smettere di aspettare di essere diverse per iniziare a vivere.
Iniziamo a vivere mentre cambiamo, perché non esiste un momento perfetto in cui tutto sarà a posto e noi finalmente pronte. Vivere mentre cambiamo significa accettare il processo, entrare nella vita reale con tutte le sue imperfezioni e contraddizioni, e scegliere comunque di esserci, di agire, di amare, di sperare. Non più rimandare, ma partecipare.
E in quel partecipare, qualcosa si sblocca. La vita risponde. La nuova versione di noi non è un traguardo lontano: è un movimento interiore che si attiva proprio quando iniziamo a prenderci sul serio. Quando smettiamo di aspettare l'approvazione e cominciamo ad approvarci.
E mentre cambiamo, scopriamo che la versione nuova… era già pronta.
Ci aspettava.
Sapeva già la strada.
Questa è la fase più dura. Ma anche quella in cui tutto è possibile.
È lì che nasce la spinta: quando il malessere non si può più ignorare, ma il futuro non è ancora visibile. È un momento di grande vulnerabilità, ma anche di verità. Perché tutto ciò che non è autentico cade, e resta solo l'essenziale.
Ed è proprio qui che possiamo cominciare a porci la domanda più potente di tutte:
“A quale scopo faccio quello che faccio, penso quello che penso, dico quello che dico, spero quello che spero?”
Questa domanda ci restituisce immediatamente la responsabilità di ciò che viviamo. Ci obbliga a uscire dall'automatismo e a riconnetterci con l'intenzione. Non per giudicarci, ma per comprenderci.
Perché ogni azione ha un movente, consapevole o no. Nulla di ciò che facciamo, pensiamo o scegliamo è mai del tutto neutro: ogni gesto nasce da un bisogno, da un valore, da una paura, da un desiderio, da una convinzione radicata. Portare alla luce quel movente significa fare spazio alla verità, anche quando è scomoda o difficile da accettare. Significa smettere di vivere in reazione e cominciare a vivere in relazione: con sé stesse, con gli altri, con ciò che conta davvero.
Solo così possiamo scegliere davvero. È così che si comincia a costruire la direzione: non da fuori, ma da dentro.
Come scrive il filosofo israeliano Avishai Margalit,
"La speranza è una forma di memoria al futuro. Si spera perché ci si ricorda che in passato si è stati capaci di resistere, e di cambiare."
In questo senso, la speranza è molto più di un'emozione passeggera: è una potenzialità interiore. Martin Seligman, padre della psicologia positiva, la definisce come parte integrante della virtù della trascendenza, quella capacità dell’essere umano di stare ben piantati nel presente, e allo stesso tempo di collegarsi a un senso più grande, a una visione che dà significato anche alle difficoltà. Allenare la speranza significa allenare lo sguardo lungo, il coraggio gentile di credere che qualcosa di buono può ancora accadere — non perché tutto andrà bene da solo, ma perché noi possiamo fare la nostra parte per renderlo possibile.
Allora non serve avere un piano perfetto, ma serva avere una direzione.
Serve sentire che è il momento giusto e il posto giusto.
Non in modo rigido, ma amorevole.
Serve darsi uno spazio per ascoltarsi, farsi domande nuove, esplorare.
Serve riprendere contatto con il proprio centro, con ciò che è essenziale e non delegabile: la propria libertà interiore.
Ecco perché il Happy Life Balance non è un percorso motivazionale.
È un allenamento alla libertà personale, un invito a fermarti, respirare e chiederti:
“E se adesso scegliessi davvero me stessa, cosa cambierebbe?”
Darsi Da Fare, davvero.
Cambiare si può.
Ritrovare se stesse si può.
Allenare la felicità si può.
Ma serve DDF – Darsi Da Fare, non in modo frenetico, ma intenzionale.
E serve anche allenamento. Come per il corpo, anche la mente e il cuore hanno bisogno di esercizio costante e consapevole. Nessuno si sveglia un giorno con la forza interiore, la serenità o la lucidità già pronte. Si allenano. Si sviluppano un passo alla volta, attraverso piccoli gesti quotidiani, decisioni coerenti, momenti di presenza.
Per questo, la moda del momento che proclama "volere è potere" rischia di essere una grande illusione. Volere è un inizio, certo, ma non basta. Senza allenamento concreto e quotidiano, senza una pratica che trasforma la volontà in azione, quella volontà si esaurisce, si sgretola. È solo affermazione mentale. Funziona — e si potenzia davvero — solo se, e davvero solo se, è accompagnata da scelte reali, da esercizi interiori, da perseveranza. È lì che il potere personale prende forma: quando alleniamo ciò che vogliamo diventare.
Allenare la felicità significa imparare a scegliere ciò che ci fa bene, anche quando costa fatica. Significa allenare lo sguardo, la gratitudine, il perdono, la fiducia. Significa riscoprire che anche il coraggio è un muscolo: più lo usi, più diventa naturale.
Ecco perché parlo spesso di “allenamento alla felicità”: perché non è una condizione statica, ma un processo attivo, una pratica concreta, un cammino da vivere.
E questo è l’invito che ti lascio:
Non continuare a resistere. Inizia a rispondere.
Alle tue domande. Ai tuoi sogni. A quel bisogno profondo che hai dentro.
E se senti che è il tuo momento, io sono qui.
Il mio percorso Happy Life Balance è nato proprio per accompagnarti in questo passaggio.
Per non lasciarti sola nel cambiamento.
Perché sì, felici s’impara. Ma si impara insieme.

26/04/2025
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26/04/2025
Chi l’ha detto che per essere dei bravi genitori, nonni, zii, educatori o insegnanti dobbiamo essere perfetti?
Chi ha messo in giro questa voce pericolosa, che ci fa sentire sempre un passo indietro, sempre inadeguati, sempre “sbagliati”?
Educare non è questione di perfezione.
Educare è questione di presenza.
È il coraggio di stare nelle cose, di mettersi in gioco, di fare esperienza. È guardare in faccia le difficoltà senza fuggire, senza far finta di niente, ma anche senza puntare il dito contro noi stessi o contro gli altri.
È proprio quando ci concediamo il lusso di non sapere tutto, ma scegliamo comunque di esserci, che facciamo la differenza.
Perché chi si prende cura di un bambino, di una bambina, di un ragazzo o di una ragazza, lo sa: ogni giorno è una scoperta. Ogni giorno ci mette davanti qualcosa di nuovo. E nessuno ci ha dato il libretto delle istruzioni.
Ma la buona notizia è che felici s’impara.
Si impara insieme, a piccoli passi, confrontandosi, ascoltandosi, sostenendosi.
Uno spazio pensato per chi ha una responsabilità educativa — genitori, nonni, zii, insegnanti, educatori — e sente il bisogno di non sentirsi solo in questo compito meraviglioso e faticoso.
Uno spazio dove potersi raccontare senza paura di essere giudicati, ma con la certezza di essere accolti.
Dove le domande contano più delle risposte.
Dove si può condividere ciò che funziona, ciò che non funziona, ciò che si vorrebbe provare.
Un luogo in cui trovare respiro e sentirsi “nella stessa barca”, perché quando ci si confronta davvero, le difficoltà diventano un’opportunità concreta di cambiamento.
Io ci sarò come guida, come allenatrice di felicità, per aiutarti ad allenare uno sguardo nuovo: uno sguardo capace di vedere i punti di forza, le potenzialità, tutto quello che già c’è e che funziona.
Perché sì, esiste sempre qualcosa che funziona. A volte è solo questione di imparare a vederlo.
E lo faremo insieme, con quello che chiamo sempre il DDF — Darsi Da Fare, perché il cambiamento non avviene a colpi di teoria, ma con piccoli passi quotidiani, concreti, veri.
Lo Spazio del Noi si appoggia su tre pilastri che per me sono molto più che teorie: sono strade di vita, sono il modo in cui scelgo ogni giorno di stare nel mondo e di accompagnare le persone nei percorsi di crescita.
1. Il coaching umanistico: allenare lo sguardo, scoprire i punti di forza
Il coaching umanistico parte da una domanda potente: Chi vuoi essere?
Non si concentra sugli errori o sulle mancanze, ma sul potenziale, su ciò che può essere allenato e sviluppato.
È un invito a cambiare il modo di pensare, ad allenarci a cercare ciò che funziona invece di rincorrere ciò che manca.
Allenamento, costanza, gentilezza verso sé stessi.
È credere nella possibilità di vedere il mondo e noi stessi con occhi nuovi.
2. Il coaching spirituale: ascoltare chi sei, nutrire la tua essenza
Ma prima di chiederci chi vogliamo diventare, c’è una domanda ancora più vera, più intima: Chi sei?
Il coaching spirituale, che sto approfondendo con il percorso di SpiritualCoach di Lucia Merico, ci accompagna in questo viaggio di ritorno a casa, verso la nostra essenza più profonda.
Perché non possiamo portare fuori una visione buona, se prima non impariamo ad accoglierla dentro di noi.
È imparare a stare con ciò che c’è, senza maschere, senza bisogno di aggiustare, senza fretta di cambiare.
È nutrire la fiducia nel proprio sentire, nella propria voce interiore.
Perché solo chi si è incontrato davvero, può accompagnare un altro con autenticità.
3. Il metodo Montessori: osservare, rispettare, crescere insieme
Maria Montessori ci insegna che l’educazione non è un atto di imposizione, ma di ascolto.
L’adulto non plasma, ma osserva con umiltà e pazienza. Prepara l’ambiente e si mette al servizio della crescita.
L’osservazione montessoriana è viva, presente, mai passiva: è uno sguardo che non giudica, che non forza, ma che si apre alla possibilità di comprendere, di sostenere senza invadere, di rispettare i tempi e i bisogni dell’altro.
E per fare questo, l’adulto deve prima di tutto lavorare su di sé, allenare la propria capacità di presenza, il proprio equilibrio interiore, la propria crescita spirituale.
Quando: il giovedì sera, ogni 15 giorni, dalle 21 alle 22.30
Dove: online, comodo da casa, con il cuore aperto e il desiderio di condividere
Si parte: giovedì 29 maggio 2025 (l’ultimo giovedì di maggio)
Pausa estiva: tutto il mese di agosto
Quanto costa: una cifra simbolica di 20 euro all’anno, da versare tramite bonifico con nome e cognome. Non per “pagare” il tempo, ma come assunzione di responsabilità, come scelta di esserci davvero.
Basta scrivermi una mail a info@santinabossini.it indicando:
Nome e cognome
Numero di cellulare
Indirizzo mail
Oggetto: “Io ho deciso di iscrivermi allo Spazio del Noi”
Allegando la ricevuta del bonifico.
Per conoscere meglio il progetto, per capire insieme cosa ci aspetta in questo percorso, per farmi tutte le domande che vuoi, ti aspetto al webinar gratuito di presentazione:
�� Giovedì 22 maggio 2025
�� Dalle 21 alle 22
�� Online, su Google Meet (ti invierò il link su richiesta)
Sarà l’occasione per incontrarci, per raccontarti di più su questo spazio, e per iniziare a fare insieme il primo passo.
Perché felici s’impara. E il primo passo, lo sai, è sempre il DDF – Darsi Da Fare.
Santina – allenatrice di felicità