Quando un figlio “non sta bene” ma non sa dirlo
Imparare ad ascoltare le richieste di aiuto emotivo dei nostri bambini (e di noi stessi)
Nessuno cresce da solo
Essere genitori, oggi più che mai, è un’avventura che mette alla prova il cuore, la mente, la pazienza.
È una sfida che spesso si vive nella solitudine delle proprie stanze, tra il desiderio di fare del proprio meglio e il senso di inadeguatezza che arriva quando le cose non vanno come vorremmo.
C’è un punto però da cui partire sempre, ed è questo:
nessuno cresce da solo. Né i bambini, né noi adulti. Crescere è una questione di relazioni, di sguardi, di ascolto, di presenza. È una strada che si percorre insieme.
E allora, quando ci troviamo a chiederci “Perché mio figlio si comporta così?”, “Cosa posso fare per aiutarlo?”, forse la domanda più profonda che possiamo porci è:
“Sto riuscendo a vedere davvero ciò che mio figlio mi sta dicendo, anche quando non trova le parole per farlo?”
Questo articolo vuole essere una carezza e uno strumento: un piccolo compagno di viaggio per tutte le mamme, per tutti i papà, per tutte le famiglie che ogni giorno si mettono in gioco nell’educare e nel crescere insieme.
Quando i bambini ci chiedono aiuto… senza saperlo dire
Spesso, quello che leggiamo come “capricci”, “opposizione”, “provocazione” è in realtà una forma primitiva, a volte disperata, di esprimere un bisogno emotivo profondo. Una richiesta di aiuto.
I segnali che ci stanno dicendo: “Aiutami, sto facendo fatica” possono essere tanti, tra cui:
Rabbia esplosiva e crisi di pianto senza motivo apparente
Comportamenti regressivi (pipì a letto, linguaggio da più piccolo)
Chiusura nel silenzio o nel ritiro sociale
Frasi come “Non ce la faccio”, “Sono cattivo”, “Nessuno mi vuole bene”
Paure improvvise, attaccamento eccessivo, ansia da separazione
Disturbi fisici senza cause mediche (mal di pancia, mal di testa…)
Calo nel rendimento scolastico, difficoltà di concentrazione
Questi segnali sono il modo in cui i bambini ci chiedono di fermarci, di guardarli, di ascoltarli davvero.
Non sono esagerazioni. Non sono solo fasi. Sono richieste di aiuto.
E il primo passo per poterli accompagnare è allenare la nostra capacità di osservare e di ascoltare.
Quella stessa osservazione che Maria Montessori ci invita a coltivare ogni giorno, non per controllare, ma per capire chi abbiamo davvero davanti, senza sovrapporre le nostre paure o aspettative alla loro realtà.
5 passi concreti per accogliere le richieste di aiuto dei nostri figli
Fermati. Respira. Guarda.
Non agire subito. Fai una pausa, ascolta cosa sta accadendo dentro di te e fuori.
Nomina quello che osservi, senza interpretare.
“Vedo che sei molto arrabbiato.”
“Sento che sei triste oggi.”
Evita di etichettare o giudicare.
Offri uno spazio di ascolto autentico, senza forzare.
Anche un semplice “Io ci sono, quando vuoi parlarne” può fare la differenza.
Riconosci il bisogno, non solo il comportamento.
Quale bisogno sta cercando di esprimere mio figlio? Sicurezza? Attenzione? Amore?
Coltiva quotidianamente il tempo della relazione.
Anche solo 10 minuti di gioco o dialogo esclusivo al giorno, senza distrazioni. È tempo di qualità che nutre la fiducia.
E i papà? Anche il loro sguardo è fondamentale
Sì, spesso sono le mamme a sentire sulle spalle il carico più grande. Ma educare non è (e non dovrebbe mai essere) un mestiere solitario.
Ogni papà porta con sé potenzialità preziose: stabilità, gioco, tenerezza, forza, pazienza.
A volte i papà restano in disparte perché si sentono meno competenti, o perché pensano che certe cose siano “da mamma”. Ma non è così. Ogni gesto di presenza autentica, ogni parola detta col cuore, costruisce fiducia, sicurezza, amore.
Essere papà è essere parte viva di quella base sicura di cui ogni bambino ha bisogno.
Anche solo un “sono qui”, anche solo uno sguardo che dice “ti vedo”, può cambiare le cose.
La coppia come primo ambiente educativo
L’equilibrio emotivo di un bambino si nutre anche della serenità e della sintonia tra chi si prende cura di lui.
Non si tratta di essere sempre d’accordo su tutto, ma di essere una squadra, di avere il coraggio di parlarsi, di confrontarsi, di scegliere insieme la direzione da dare all’educazione dei propri figli.
Quando mamma e papà si sminuiscono a vicenda, quando si contraddicono davanti ai figli, si apre una crepa nella fiducia. Al contrario, quando si sostengono, anche nelle differenze, i figli respirano sicurezza, coerenza, amore.
Prendersi cura della relazione di coppia significa anche prendersi cura del benessere dei propri bambini.
Come ci insegna il coaching umanistico, ogni crescita personale si nutre di relazioni buone, di dialoghi sinceri, di alleanze forti.
Se senti che da sola non ce la fai… sappi che non sei sola
Non esistono genitori perfetti. Esistono genitori che si mettono in gioco. Che si fanno domande. Che scelgono di imparare, di allenarsi, di chiedere aiuto quando serve.
E questo non è un segno di debolezza. È il primo atto di cura verso sé stessi e verso i propri figli.
Se queste parole ti hanno parlato, se ti sei riconosciuta tra queste righe, ho pensato a uno spazio speciale proprio per te.
Sta per nascere un nuovo spazio di condivisione educativa:
La Stanza del Noi
Dove le relazioni fioriscono, e grandi e piccoli imparano a diventare sé stessi
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Ci troveremo ogni 15 giorni, il giovedì sera alle 21.00, a partire da giovedì 8 maggio, in un clima accogliente, rispettoso e autentico.
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Un modo semplice per dare valore a ciò che stai scegliendo di costruire insieme a me, e per sostenere questo spazio nel tempo.
Se senti che è arrivato il momento di prenderti cura anche di te, della tua relazione con i figli, con il partner, con te stessa, scrivimi.
Ti risponderò con gioia.
Perché sì: felici s’impara. E insieme, si fiorisce meglio.
Con affetto e presenza,
Santina
La tua allenatrice di felicità