28/01/2022
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28/01/2022
Emozioni positive – relazioni positive – coinvolgimento – significato - realizzazione
sono questi, secondo Martin Seligman, i cinque aspetti che rendono la vita degna di essere vissuta, dei veri e propri parametri sui quali misurare il proprio benessere e quello della società.
Secondo Seligman la psicologia, che si è occupata quasi esclusivamente del malessere e delle patologie, deve dedicare pari attenzione agli aspetti positivi dell’esistenza umana: emozioni piacevoli, potenzialità, virtù e abilità dell’individuo. L’enfasi sul ruolo fondamentale delle risorse e potenzialità dell’individuo rappresenta un autentico capovolgimento di prospettiva: si privilegiano interventi finalizzati alla mobilizzazione delle abilità e risorse della persona, anziché alla riduzione o compensazione delle sue limitazioni. Inoltre, la prospettiva eudaimonica (eudamonia: è il termine con cui gli antiche Greci definivano la felicità, il sommo bene) porta l’attenzione sulla relazione tra benessere del singolo e sviluppo della collettività, tema quanto mai caldo in questo momento storico.
Le potenzialità hanno un ruolo molto importante nella nostra vita in quanto se vengono represse per tanto tempo possono causare disagio e disturbi mentali, se sono riconosciute e poco utilizzate possono determinare una vita non pienamente realizzata, e se al contrario sono individuate, allenate e utilizzate in tutti gli ambiti della vita, conducono ad un’esistenza felice. E’ proprio a causa della repressione delle potenzialità caratterizzanti, che matura la crisi di autogoverno di una persona che può portare alla mancanza di felicità.
La frustrazione per non sentirsi realizzate, la sofferenza che deriva dal volere di più dalla propria vita, ma non sapere esattamente cosa e come, il desiderio di un cambiamento avvertito come assolutamente necessario, ma non meglio identificato, sono tutte situazioni che possono generare una domanda di coaching e alle quali il coach deve rispondere con l’individuazione delle potenzialità caratterizzanti la persona che ha di fronte. Le potenzialità devono entrare, dopo essere state individuate, in un vero e proprio programma di allenamento che il coach concorda con la persona che ha deciso d’intraprendere una nuova strada.
Il motto del coaching è “attivare la mente attraverso l’attivazione dei muscoli” e questo non può non portarci immediatamente al pensiero di Maria Montessori e a tutto il suo discorso sul movimento. Scrive Montessori: “Abbiamo innanzi tutto un cervello; e poi i sensi, che raccolgono le impressioni per trasmetterle al cervello; e in terzo luogo i muscoli… Questo complesso organismo consiste perciò di tre parti: il cervello, i sensi, i muscoli. Il movimento è il punto di arrivo del sistema nervoso: senza movimento non si può parlare di individuo”. Per M. Montessori il movimento è legato all’intelligenza e la Dottoressa lo spiega a livello scientifico dicendo che i muscoli fanno parte del sistema nervoso essendone il punto di arrivo. L’allenamento, nel coaching, parte prima di tutto dalla cura di sé che alimenta il primo circolo virtuoso innescato dal coaching. E’ proprio il concetto di cura di sé che ha introdotto il tema della felicità e, sulla base delle ricerche di Maslow prima e di Seligman e Peterson poi, possiamo affermare che nell’essere umano esiste naturalmente la potenzialità del “prendersi cura di sé” che comporta una tensione innata all’autorealizzazione contraddistinta da due fattori: la tendenza allo sviluppo ossia alla propria crescita personale e la proattività cioè la capacità di agire e intervenire da protagonista sia sulle forze interne come le passioni o le emozioni sia sulle forze esterne come il contesto e le relazioni senza subirle passivamente. Questo significa che la possibile scelta individuale può incontrare nell’ambiente sia opportunità che ostacoli. E anche qui il pensiero di Maria Montessori mi suona dentro come Le Quattro Stagioni di Vivaldi: “La nostra è una Casa dei Bambini piuttosto che una vera e propria scuola; cioè un ambiente specialmente preparato per il bambino, dove esso assimila qualsiasi cultura diffusa dall’ambiente senza bisogno di insegnamento…”. M. Montessori dà un’importanza fondamentale e strategica all’ambiente per la formazione dell’uomo, è proprio l’ambiente che deve farsi maestro attraverso una giusta preparazione.
Un’altra teoria di fondamento per andare alla ricerca della felicità è la
Self-Determination Theory – SDT di Deci e Ryan,
è una teoria sulla motivazione che afferma infatti due dimensioni:
Essere autodeterminati significa agire con volontà e operatività in piena autonomia e pieno coinvolgimento mentre essere controllati significa agire sotto la pressione di una volontà esterna, ma anche di una volontà interna, come nel caso di obbedienza ad un proprio imperativo morale. Nuovamente M. Montessori ha anticipato di molto i tempi con le sue intuizioni anche in riferimento all’autonomia e alla volontà: “ciò che più ha suscitato discussione è quel capovolgimento tra adulto e bambino: il maestro senza cattedra, senza autorità e senza quasi insegnamento, e il bambino fatto centro dell’attività, che impara da solo, che è libero nella scelta delle sue occupazioni e dei suoi movimenti . Quando non è sembrato un’utopia, è apparso un’esagerazione”. Lo slogan montessoriano “aiutami a fare da solo” è un inno all’autonomia.
La SDT afferma, anche, e questo è un aspetto molto importante in merito alla felicità, che quest’ultima è intimamente collegata con tre bisogni o tendenze psicologiche che, se soddisfatte, portano al suo benessere, e se, al contrario sono contrastate, conducono al suo malessere. Queste tre aree di autorealizzazione non sono intercompensabili tra di loro e pertanto anche la totale soddisfazione di una delle tre aree non colma l’eventuale insoddisfazione derivante dalle altre.
I tre bisogni psicologici o le tre aree di autorealizzazione dell’individuo identificati da Deci e Ryan sono:
L’Area della Relazionalità che corrisponde al bisogno che hanno le persone di costruire e coltivare relazioni sociali. L’essere umano avverte il bisogno di sentirsi in rapporto con gli altri, di provare affettività positiva, di avere cura e di sentirsi curato dagli altri. Tale bisogno è indipendente dal contesto a cui appartiene l’individuo e quindi è intrinseco all’essere umano.
L’Area della Competenza: è dalla valorizzazione di questa area che nascono le capacità e le competenze dell’individuo. La “competence” si riferisce al volere essere efficaci, all’agire nel proprio ambiente e raggiungere i risultati voluti. Anche da questo bisogno si sviluppa l’evoluzione umana, attraverso le fasi di esplorazione e conoscenza, di elaborazione ed esecuzione del processo creativo, che apportano modifiche migliorative in termini di efficacia ed efficienza sia al prodotto, alla modalità, ai metodi, sia direttamente all’ambiente in cui si opera, che in tutti gli ambiti della vita umana.
L’Area dell’Autonomia: quest’area riguarda l’esercizio della volontà e dello spirito d’iniziativa e corrisponde in primo luogo alla tendenza dell’individuo ad essere e a sentirsi autonomo nelle sue scelte, che pertanto devono essere autodeterminate. L’autonomia della persona passa attraverso il suo senso d’integrità e la coscienza di sé stessi che sono intrinseci a tutte le azioni che nascono dall’autodeterminazione individuale. Autonomia non vuole dire isolamento, al contrario la Relazionalità e la Competenza nell’interazione con altri individui e contesti rispondono ad una scelta frutto di idee e decisioni autonome, sulla base di interessi e propensioni proprie.
I bisogni appena elencati sono tutti bisogni di autorealizzazione, non sono bisogni fisiologici, non serve soddisfarli per poter vivere, si vive ugualmente, anche se con tutta probabilità, si vivrà nella frustrazione e nelle sofferenza. Il senso di autorealizzazione dà vita alla felicità, al senso di pienezza e di appagamento della persona. Gli studi della psicologia positiva accendono i riflettori sul fatto che l’autorealizzazione e la felicità che ne scaturisce, non sono solamente stati emotivi semplici, ma sono soprattutto importanti risorse psicologiche che possono essere impiegate per raggiungere i propri obiettivi.
La felicità è una vera e propria risorsa psicologica che non solo migliora le relazioni affettive e le prestazioni nel proprio campo di azione, ma produce anche importati benefici sul piano fisico, stimolando in tal modo un circolo virtuoso che si autoalimenta.
10/01/2022
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10/01/2022
Il Coaching è una metodologia particolarmente apprezzata perché la si può personalizzare in funzione delle esigenze personali e fornisce risultati misurabili in tempi relativamente brevi. L’evoluzione individuale si realizza attraverso un processo di scoperta di sé stessi e azioni strategiche che consentono alla persona di aumentare il senso di autoefficacia e autorealizzazione. Un percorso di coaching richiede un’assunzione di responsabilità per impegnarsi concretamente e creativamente nel raggiungimento degli obiettivi di miglioramento.
ll coach umanista non giudica, non dà lezioni, né prescrizioni, ma accoglie ed ascolta in modo aperto e dedicato, con curiosità umana, accettazione e apertura mentale. Offre la sua tecnica e le sue competenze per esplorare la situazione, stimolando le persone, che nel mio specifico ambito di solito sono coppie genitoriali o mamme a vedere le problematicità che stanno affrontando anche da altre prospettive, e trasformare questa nuova visione del problema in una domanda tanto semplice quanto stimolante.
Il mio lavoro di coach umanista si concentra quindi sul presente e sui punti di forza, come matrici da cui far emergere il futuro e si ispira alla maieutica socratica che è l’arte di far venire alla luce: attraverso il dialogo emerge ciò che è già presente nella persona, anche se ancora non si vede nulla.
Il coach umanista poi diventa un esploratore immerso nella più grande e complessa ricerca ossia quella dello sviluppo culturale di relazioni umane felici!
Noi siamo, sia in positivo che in negativo, il frutto di un allenamento quotidiano e costante, fisico, psicologico, emotivo, spirituale, sociale. Quando riconosciamo questo fatto abbiamo a disposizione uno strumento potente: possiamo infatti governare noi stessi, scegliere chi vogliamo essere e allenarci a diventarlo, per vivere una vita non solo felice, ma piena di significato. Per questo l’allenamento è lo ‘strumento operativo’ per eccellenza del coaching, e il coach un vero e proprio allenatore di potenzialità e consapevolezza, che trasforma le nostre risorse in leve di cambiamento al servizio dei propri obiettivi.
Sentirsi capaci di plasmare la nostra esistenza ci dà un piacere profondo e una grande energia, mentre l’allenamento progressivo rafforza le nostre capacità, rispettando il tempo che ci serve per accogliere un modo nuovo di vedere, sentire, pensare, desiderare ed agire.
Gli ambiti di vita nei quali viene applicato il lavoro di coaching sono diversi, e molto variegati sia per quanto riguarda l’ambito di vita sia per quanto concerne la metodologia applicata.
Io mi occupo di familycoaching accogliendo l’intera famiglia che vuole migliorare le proprie relazioni interne attraverso una consapevolezza profonda e più adeguata dei vari momenti di crescita e di cambiamento che naturalmente convivono con l’evolversi famigliare con i figli; e affianco tutte quelle famiglie che scelgono il metodo Montessori non solo come metodo pedagogico educativo nella crescita dei propri figli, ma anche lo scelgono come ambiente di vita.
“Noi aiuteremo il bambino non perché lo consideriamo un essere piccolo o debole, ma perché egli è dotato di grandi energie creative, che sono di natura così fragile da richiedere, per non venir menomate e ferite, una difesa armoniosa e intelligente. A queste energie vogliamo portare aiuto, non al bambino piccolo, né alla sua debolezza”. Queste meravigliose parole della Dott.ssa Montessori non solo esprimono chiaramente dove è necessario guardare, ossia alle “grandi energie creative”, ma anche e soprattutto come, un come fatto di difesa armonica e intelligente.
02/12/2021
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02/12/2021
Questo primo articolo per il nuovo blog nasce dalla mia passione per la ricerca di “metodi” che permettono a tutte le persone che lo desiderano di “stare bene”, non inteso come lo diciamo a volte, per consuetudine, ma inteso come espressione autentica di noi stessi attraverso l’utilizzo delle nostre potenzialità.
Vi propongo un parallelismo tra alcuni aspetti del coaching umanistico, metodo innovativo per il raggiungimento dei propri obiettivi attraverso l’allenamento delle proprie potenzialità, e il metodo Montessori, “antico” metodo scientifico educativo e di formazione definito “educazione alla vita” più che mai attuale.
Uno di questi parallelismi è il Flow: è uno stato che presuppone passione e creatività, il pieno coinvolgimento delle migliori abilità della persona, l’attenzione totale, la chiarezza della meta da raggiungere, un ottimale senso di controllo, il corpo e la mente in questo “flusso” sono impegnati al limite. Sperimentare l’esperienza ottimale dipende da noi, si determina non solo perché siamo protagonisti di quello che stiamo facendo, ma perché siamo totalmente coinvolti nell'attività, al punto che nient’altro ci importa in quel momento. Il primo studioso a parlare di Flow, fu Mihaly Csikszentmihalyi psicologo di origine ungherese, da anni trapiantato negli Stati Uniti. Lui stesso scrive: “sono diventato psicologo per capire qual era il loro segreto (si riferisce alle persone che hanno vissuto il secondo conflitto mondiale e che hanno perso affetti e beni)….per capire come si può vivere la vita come un’opera d’arte e non come una serie di risposte caotiche ad eventi esterni”.
Anche la felicità sarà argomento frequente del mio blog e con l’aiuto degli approcci filosofici sull’auto - determinazione, e sull’autorealizzazione che trovano una straordinaria corrispondenza nella Self -Determination Theory elaborata da Deci e Ryan vi spiegherò come per essere felici dobbiamo soddisfare i bisogni di tre aree di sviluppo: l’autonomia in rapporto a sé stessi, la competence in relazione al lavoro, alla professione e la relazionalità in riferimento alle relazioni affettive.
Parlerò, poi, dell’affascinante momento della polarizzazione dell’attenzione nel metodo MONTESSORI, che potremmo paragonare “all’esperienza ottimale” che si verifica nello stato di Flow. Per l’ultimo articolo di questa serie, evidenzierò “le fil rouge” il filo di continuità che mi porta ad amare con passione il “vecchio metodo Montessori” attraverso il colpo di fulmine per il “nuovo coaching umanistico”, perché entrambi lavorano per la ricerca, scoperta o riscoperta di noi stessi, nella quale cerchiamo l’Aretè la vera natura di noi e quando l’abbiamo trovata è necessario tirarla fuori, farla “esplodere” fuori da noi stessi.
L’adulto quando vuole raggiungere determinati obiettivi deve mettere in atto strategie di cambiamento, il bambino, invece, deve poter vivere pienamente la sua natura di bambino: “si diventa adulti equilibrati solo se si è stati pienamente bambini”. (E. Balsamo)
In altre parole possiamo insegnare ai nostri figli ad essere felici.
Nei prossimi articoli approfondisco questi concetti partendo dalla mia visione del coaching umanistico.