Foto genitori con bambino neonato

Happy Life Balance
Felici s’impara.

 

Foto genitori con bambino neonato

 

Chi sono

Sono una donna, fiera del mio femminile. Una mamma, una compagna, una coach umanista, un’educatrice Montessori, e tutti questi ruoli, che il momento presente mi sta donando, sono accomunati dalla stessa visione che ho della vita meravigliosamente complicata.

In pochissime parole amo definirmi una Allenatrice di Felicità

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La mia mission

Essere una portatrice sana di felicità che ne diffonde la cultura e l’allenamento quotidiano nella palestra della vita.

La felicità è il mio pallino per aver sperimentato in prima persona che, non solo la felicità è possibile, ma è qualcosa che si può imparare, mettendo d’accordo l’Essere, il Fare e l’Amare per realizzare una vita piena di senso e di significato.

Lo dico da persona umana imperfetta e che ha una vita meravigliosamente complicata, plasmata dal signor Errore con cadute e rialzate, anche importanti, ma sempre in continua crescita verso una migliore versione di me. Scopri di più

Rubriche recenti

Questo spazio dedicato alle mie rubriche vuole essere un "posto" di condivisione e comunanza di esperienze di vita.

24/04/2025

Le domande degli occhi

Ascoltare oltre le parole, rispondere ai bisogni con empatia

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Ascoltare oltre le parole, rispondere ai bisogni con empatia

Certe domande non si fanno con la bocca.
Arrivano prima.
Le vedi negli occhi di un bambino che abbassa lo sguardo mentre lo richiami.
Nel broncio ostinato di un ragazzo che si chiude nella sua stanza e non vuole parlare.
Nel capriccio apparentemente senza senso, o nella rabbia che esplode troppo in fretta.

Sono le domande degli occhi. Quelle che non si dicono, ma si mostrano.

“Mi vedi?”
“Mi senti davvero?”
“Riesci a capire cosa sto cercando di dirti, anche se non trovo le parole giuste?”

Ecco dove comincia l’accoglienza empatica. Non nel risolvere il comportamento. Non nel trovare subito la soluzione. Ma nel fermarsi a vedere davvero l’altro.
E questo vale per i bambini, per i ragazzi… e per noi adulti. Perché anche noi, tante volte, abbiamo chiesto aiuto senza riuscire a dirlo.

Non è un capriccio, è una domanda di connessione

Molto spesso, nella fatica quotidiana di essere genitori o educatori, rischiamo di fermarci al comportamento che vediamo in superficie.
Un urlo, una porta sbattuta, un pianto inconsolabile, un silenzio ostinato. E il nostro primo istinto è correggere, contenere, spiegare, sistemare.

Ma il comportamento è solo la punta dell’iceberg.
Sotto, c’è un bisogno non riconosciuto, non ascoltato, non accolto.

Dietro la rabbia, può esserci il bisogno di essere ascoltati, di essere considerati.
Dietro la chiusura, il bisogno di sicurezza o di protezione.
Dietro il pianto, il bisogno di conforto, di vicinanza, di amore.

Come dice la Comunicazione Non Violenta di Marshall Rosenberg, ogni azione umana è un tentativo di soddisfare un bisogno. Quando impariamo a guardare oltre l’apparenza del comportamento, possiamo finalmente smettere di chiederci “Come faccio a farlo smettere?” e iniziare a chiederci:
“Di cosa ha bisogno in questo momento?”

Il potere di avere le parole giuste: il vocabolario dei sentimenti e dei bisogni

La Comunicazione Non Violenta ci invita a sviluppare una competenza spesso trascurata: dare nome alle emozioni e ai bisogni, allenarci a riconoscerli, a esprimerli, a stare accanto anche quando sono scomodi.

Quante volte diciamo ai bambini:

“Calmati!” (senza dire “Capisco che sei arrabbiato”)

“Non c’è motivo di piangere” (senza dire “Vedo che sei molto triste, cosa ti fa stare così?”)

Ma se non aiutiamo i bambini e i ragazzi a nominare quello che provano, resteranno prigionieri di reazioni che nemmeno loro capiscono.
Dotarsi di un vocabolario condiviso di sentimenti e bisogni diventa allora uno strumento educativo potente, che favorisce la consapevolezza e la fiducia.

Per esempio, invece di fermarci a dire:

“Sei sempre nervoso!”
potremmo imparare a dire:

“Sei frustrato perché forse avevi bisogno di essere ascoltato?”

O ancora, invece di:

“Non fare così, non serve arrabbiarsi!”
possiamo provare:

“Vedo che sei arrabbiato, forse perché avevi bisogno di rispetto e chiarezza?”

Ogni volta che aiutiamo un bambino (o un ragazzo, o un adulto) a riconoscere e a dare nome a quello che prova, stiamo facendo un atto di educazione alla libertà interiore. Stiamo costruendo le basi di una comunicazione più vera, più rispettosa, più umana.

Osservare, non giudicare: lo sguardo Montessori nella CNV

Maria Montessori ci ricorda che l’osservazione è il primo gesto d’amore educativo.
Non l’osservazione per controllare o per correggere, ma quella che nasce dalla curiosità, dall’interesse sincero per l’altro.
Uno sguardo che si allena a vedere senza etichettare, ad accogliere senza giudicare.

Questa stessa attitudine è il cuore della Comunicazione Non Violenta.
Essere presenti, ascoltare senza fretta, senza bisogno di “aggiustare” subito le cose. Stare con l’altro, anche nel disagio, nella fatica, nella rabbia, senza scappare.

Perché quando un bambino dice: “Non ti voglio più bene!”, spesso sta solo chiedendo:
“Mi vuoi bene lo stesso, anche adesso che sono arrabbiato?”

E rispondere a questa domanda non è questione di tecnica, ma di allenamento del cuore.

Per allenare questa competenza… comincia da te

Non possiamo aiutare i nostri figli a dare nome ai loro bisogni, se per primi non impariamo a riconoscere i nostri.
Allenarsi a sentire e a dire:

“Mi sento stanco, perché ho bisogno di riposo.”

“Mi sento frustrata, perché ho bisogno di collaborazione.”

“Mi sento felice, perché il mio bisogno di connessione è stato nutrito.”

È il primo passo per essere autentici, per educare alla libertà di esprimere ciò che si prova.
E ogni volta che lo facciamo, apriamo uno spazio sicuro dove le domande degli occhi possano finalmente trovare una risposta che cura.

Con gratitudine

Santina

la tua allenatrice di felicità

05/04/2025

Artigiani di felicità

 Ma davvero credi che si possa essere felici su questa terra???

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Come posso aumentare la mia autostima e fiducia in me stessa?

Molte donne si interrogano su come poter aumentare la propria autostima e affrontare con maggiore sicurezza le sfide quotidiane. Secondo Luca Stanchieri, life coach professionista e mio Maestro per eccellenza, l'autostima è una combinazione di amore, speranza e fiducia nella propria mente. Nel suo libro "Come allenare l'autostima e vivere sereni", propone 101 esercizi pratici per rafforzare l'io e sviluppare il proprio potenziale. Ed è proprio così: l'autostima non è qualcosa che si ha o non si ha. È una forza che si allena. Un seme che si coltiva ogni volta che scegliamo di rispettarci, di riconoscerci valore, di volerci bene. E ogni volta che lo facciamo, anche solo un po', qualcosa dentro di noi si raddrizza. Trova posto. Respira.

Quali sono le strategie per trovare un equilibrio tra vita personale e professionale?


Ma non basta sentirsi all’altezza: spesso, quando si parla di autostima, si intreccia un’altra grande domanda che tante donne mi pongono nei percorsi individuali o durante i corsi: “Come faccio a tenere insieme tutto?”
Lavoro, famiglia, relazioni, sogni personali… sembra che ogni parte della nostra vita chieda il 100%. E noi, nel tentativo di dare tutto, finiamo per sentirci sempre in difetto. Ma l’equilibrio non è una somma perfetta. È un'armonia dinamica, fatta di ascolto, priorità, e soprattutto, di presenza.Trovare questo equilibrio non significa diventare superdonne multitasking. Significa imparare a scegliere consapevolmente dove mettere energie e tempo, imparare a dire dei no giusti per poter dire dei sì veri.
Nel metodo Montessori si dice che “la vera disciplina nasce dalla libertà interiore”: vale anche per noi. Serve imparare ad ascoltare i propri bisogni, ad accettare che non possiamo essere ovunque, ma possiamo essere davvero presenti lì dove scegliamo di esserci.
Nel percorso Lasciati Brillare, lavoriamo anche su questo: imparare a bilanciare senza colpevolizzarsi, a scegliere con chiarezza, a vivere con leggerezza e intenzione. Perché felici, sì, s’impara. E anche l’equilibrio, se lo coltivi con amore, arriva.

Perché non riesco mai a dire di no?


Ed eccola lì, la domanda che punge come una spina sotto pelle: “Perché non riesco mai a dire di no?”
Dietro questa fatica si nasconde spesso una convinzione radicata: dire di no è egoismo, è deludere, è mancare d’amore. Eppure, ogni volta che dici sì contro te stessa, il prezzo lo paghi tu — in tempo, energia, benessere, serenità.
E sai una cosa? Non si tratta solo di assertività. Si tratta di identità. Imparare a dire no, nel mio approccio di coaching umanistico, significa riconoscere che valgo anche quando metto un confine, che posso amare senza annullarmi, che posso essere generosa senza svuotarmi.
E lo dico sempre anche alle mamme nei percorsi Montessori: educare un bambino al rispetto parte da noi. Da quanto ci rispettiamo, da quanto ci ascoltiamo, da quanto siamo capaci di prenderci cura dei nostri sì e dei nostri no. Nel laboratorio gratuito che ho creato lo scorso gennaio, Radici di Coraggio, tante donne si sono sorprese nello scoprire che dietro la paura di dire no c’erano potenzialità dormienti: la prudenza, la gentilezza, il senso di giustizia, pronte a mostrarsi in una forma nuova.
Nel percorso Lasciati Brillare, queste potenzialità le alleniamo sul serio. Perché un no detto bene non allontana: illumina chi sei davvero.

Perché sento che mi sto perdendo, anche se in teoria ho tutto?


Questa domanda arriva spesso sottovoce. Come un sussurro che si vergogna di esistere.
Hai un lavoro, una famiglia, magari anche dei momenti felici. Eppure dentro… qualcosa si è spento. Ti senti scollegata da te stessa. Come se fossi spettatrice della tua vita, più che protagonista.  Sai cosa rispondo, quando una donna mi dice questo?
Che non si è persa, ma si è dimenticata di ascoltarsi.
E non per colpa. Ma per amore. Perché per anni ha messo al primo posto gli altri. Ha fatto il possibile per tenere tutto insieme, per non deludere, per essere “brava”.
E in tutto questo, ha messo in pausa i suoi desideri più profondi, la sua creatività, le sue passioni, perfino la sua visione di sé. Nel mio lavoro, quando vedo queste anime luminose un po' offuscate, la prima cosa che faccio è aiutarle a riconnettersi alla loro unicità.
Non con un esercizio motivazionale, ma con un percorso vero: di ascolto, di sblocco, di riscoperta.
Come diciamo spesso nel metodo Montessori, la vita vera inizia quando l’ambiente permette al potenziale di emergere. E quell’ambiente, a volte, lo creiamo insieme.

Nel percorso Lasciati Brillare ci prendiamo il tempo per questo. Per tornare ad abitarci. Per ricucire il filo con noi stesse. E scoprire che c’è ancora tantissimo da dire, da fare, da essere.

Come posso essere felice davvero?


La felicità… quella vera. Non quella delle frasi fatte, delle immagini patinate o dei motivi da trovare a forza.
La felicità che cerchiamo quando ci sentiamo stanche. Quando ci domandiamo se c’è qualcosa di più. Quando sentiamo che la vita ci chiama… e non vogliamo più mettere il silenzioso.

Ma allora, che cos'è questa felicità “vera”?


Per me, non è uno stato da raggiungere, ma un modo di stare nella vita.
Un orientamento, come lo chiama il coaching umanistico, un nuovo sguardo come lo chiamo io. Una scelta quotidiana di guardarsi con benevolenza, di imparare da ogni caduta, di riconoscere e allenare ciò che di buono già c’è.
Felicità è sapere che hai valore, anche nei giorni in cui non produci nulla. È svegliarti e sapere che puoi essere te stessa, senza dover dimostrare, senza doverti guadagnare l’aria che respiri.

Montessori parlava della gioia profonda che nasce dal fare con le proprie mani. Ecco: la felicità si costruisce così.
Un passo alla volta, un esercizio alla volta, un giorno alla volta.
Non è perfetta. Ma è autentica. E ha il tuo volto.

Ed è questo il cuore del mio lavoro. Aiutarti a riconoscere le tue potenzialità, a farle fiorire, a illuminare la tua strada con ciò che già abita in te.
Il percorso Lasciati Brillare è nato proprio per questo: non solo per insegnarti ad essere felice, ma per accompagnarti a scoprire che puoi esserlo sul serio, a modo tuo e SOLO  a modo tuo. Qui. Su questa terra.

Ti riconosci in queste domande?


Allora forse è arrivato il tuo momento.
Non per stravolgere la tua vita, ma per tornare a viverla con pienezza. Per scegliere te. Per lasciarti brillare.

Il percorso Lasciati Brillare comincia sabato 3 maggio a Montichiari. Sono sei incontri, sei sabati pomeriggio, pensati per chi desidera fare un viaggio autentico dentro di sé, accompagnata con cura.

Se vuoi saperne di più, partecipa a uno dei webinar gratuiti di aprile, oppure scrivimi nel modo che ti va di più e sarà un piacere raccontarti tutto.

Perché sì: anche su questa terra, si può essere felici.

Con affetto,

Santina

16/03/2025

Artigiani di felicità

Ricominciare da te: trasformare il dolore in rinascita

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Ricominciare da te: trasformare il dolore in rinascita

Quando ho vissuto la separazione e il divorzio, è stato un periodo duro e doloroso sotto molti aspetti: emotivo, affettivo ed economico. La mia famiglia – i miei genitori e mio fratello – è stata un sostegno essenziale per me e per mio figlio Carlo. La loro presenza discreta e costante ha rappresentato la base su cui ricostruire fiducia e speranza nel futuro.

Ho imparato che anche il dolore più profondo può essere attraversato e trasformato, ma prima di tutto va accolto con gentilezza. Ci sono stati momenti di sconforto in cui mi sono sentita sopraffatta, ma ho cercato di non respingere quelle emozioni. Ho imparato a stare con il mio dolore, ad ascoltarlo senza paura, senza volerlo soffocare o negare. Accoglierlo mi ha permesso di dargli un senso, di comprenderne il messaggio e di trasformarlo in una spinta per rinascere. Non mi sono mai lasciata definire da ciò che stavo vivendo: ero una persona che attraversava una fase difficile, non la mia difficoltà. Oggi, con il senno di poi, riconosco che quel passaggio è stato per il mio bene e per la mia crescita, perché mi ha insegnato a guardarmi con più amore e comprensione.

Accogliere il dolore per trasformarlo

La fine di una relazione importante può travolgerci con emozioni intense come rabbia, tristezza e senso di fallimento. Quest'ultimo, in particolare, può insinuarsi profondamente nella nostra identità, facendoci credere di non essere stati abbastanza, di aver sbagliato o di aver perso qualcosa di irrecuperabile. Spesso cerchiamo di evitare queste emozioni, temendo che ci schiaccino, ma la vera guarigione avviene quando ci concediamo di sentirle senza giudizio. Accettare il senso di fallimento significa riconoscere che una relazione finita non definisce il nostro valore personale, ma è solo una parte della nostra storia, da cui possiamo imparare e crescere.

Maria Montessori insegnava che la crescita passa attraverso l’osservazione paziente e non giudicante. Ho applicato questo principio a me stessa: ho osservato le mie emozioni, le ho accolte e comprese. In questo modo, il dolore ha smesso di essere un ostacolo e si è trasformato in una guida per la mia rinascita.

Nel coaching spirituale ho scoperto un principio prezioso: ogni emozione, anche la più dolorosa, ha un messaggio per noi. Quando ho chiesto al mio dolore cosa volesse insegnarmi, ho scoperto parti di me che avevano bisogno di essere viste e amate. Questo è stato il mio punto di svolta.

Non sei ciò che ti è successo: riprendere il dialogo con te stessa

Dopo una separazione, ci si sente spesso frammentati tra un “prima” e un “dopo”. Il "prima" rappresenta ciò che eravamo all'interno della relazione, con le nostre certezze e abitudini, mentre il "dopo" appare come una terra sconosciuta, spesso carica di paura e insicurezza. La tentazione di identificarsi con il dolore (“sono divorziata”, “sono stata tradita”) è forte, perché ci sembra che la nostra identità sia stata stravolta. Tuttavia, questa visione può diventare limitante: la fine di una relazione non è la fine della nostra storia, ma una svolta che può condurci a una versione più autentica e consapevole di noi stesse. La vera sfida è trasformare quel "dopo" in un'opportunità per riscoprire chi siamo, cosa vogliamo e come possiamo costruire una nuova vita su basi più solide e in sintonia con la nostra vera essenza.

Un elemento fondamentale nel metodo Montessori è l'importanza dell'ambiente e del contesto in cui viviamo. Quando affrontiamo un periodo difficile, ciò che ci circonda può influenzare profondamente il nostro benessere. Creare un ambiente che favorisca la serenità, il comfort e la rigenerazione interiore diventa essenziale. Circondarsi di persone che ci sostengono, riorganizzare gli spazi in modo che ci trasmettano armonia, dedicare del tempo a luoghi che ci fanno stare bene: tutto questo può fare la differenza nel processo di rinascita e guarigione. Il nostro contesto non è solo esterno, ma anche interno: prenderci cura dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e del modo in cui ci parliamo è altrettanto importante. Quando costruiamo un ambiente che ci supporta, dentro e fuori di noi, possiamo ritrovare più facilmente equilibrio e fiducia nel futuro.

Cosa provo davvero in questo momento?

Di cosa ho bisogno oggi per stare meglio?

Quale piccolo gesto posso fare per me stessa?

Creare questo spazio di consapevolezza è il primo passo per ricostruire un senso di sé più autentico e libero.

Scoprire e valorizzare le proprie potenzialità

Nei momenti di crisi tendiamo a focalizzarci sulle mancanze, ma è proprio lì che possiamo riscoprire le nostre potenzialità: coraggio, resilienza, speranza. Allenare uno sguardo positivo non significa negare la difficoltà, ma imparare a riconoscere che, accanto al dolore, ci sono anche risorse preziose dentro di noi. La mente è abituata a concentrarsi su ciò che manca, ma possiamo educarla, con costanza e intenzionalità, a vedere anche le possibilità.

Come coach, vedo ogni giorno quanto sia potente questo approccio. Il cambiamento non è immediato, ma richiede pratica: iniziare con piccoli gesti quotidiani di gratitudine, celebrare i propri successi, riconoscere gli sforzi fatti. Ogni passo in questa direzione aiuta a costruire una mentalità più forte e aperta al futuro, trasformando le difficoltà in occasioni di crescita.

Anche nel mio percorso personale, attraversare il divorzio mi ha permesso di scoprire una forza interiore che non sapevo di avere. Ho imparato a fidarmi del mio istinto, a prendere decisioni con prudenza e a coltivare una speranza che ha aperto nuovi orizzonti. Questo processo di scoperta non solo mi ha aiutata a superare il dolore, ma ha trasformato profondamente il mio modo di vivere.

Ritrovare fiducia in sé e negli altri

Dopo un tradimento o una separazione, fidarsi di nuovo sembra impossibile. Il dolore crea muri, ma la fiducia è una scelta che possiamo compiere consapevolmente e che richiede coraggio, pazienza e impegno. Non è un atto impulsivo, ma un percorso che parte da noi stesse: decidere di fidarsi significa aprire uno spiraglio, anche piccolo, alla possibilità di ricostruire un rapporto positivo con noi stesse e con gli altri. La fiducia non è cieca, né deve essere imposta: è un processo graduale, che si nutre di esperienze, di ascolto interiore e di nuove consapevolezze. Scegliere di fidarsi non significa dimenticare ciò che è stato, ma imparare a non lasciare che il passato definisca il nostro futuro.

Il punto di partenza è ricostruire il rapporto con noi stesse. Conoscere meglio le nostre emozioni e bisogni ci aiuta a creare relazioni più sane, perché i sentimenti sono il filo conduttore di ogni esperienza di vita. Imparare ad accoglierli e ad esprimerli in modo autentico ci permette di riconoscerci e di farci riconoscere dagli altri, senza paura di essere giudicate. Un metodo efficace è la Comunicazione Non Violenta, che insegna non solo a esprimersi con chiarezza e rispetto, ma anche a valorizzare il mondo emotivo come risorsa fondamentale per costruire legami profondi e significativi.

Piccoli passi concreti, come aprirsi con una persona fidata, possono aiutarci a riscoprire il valore della fiducia e a sentirci più sicure nelle nostre scelte.

Riappropriarsi del futuro: il diritto alla felicità

Dopo una separazione, il futuro appare incerto e spaventoso. Ma l’incertezza non significa rassegnazione: significa accogliere la possibilità di un nuovo inizio e riconoscere che proprio nel disorientamento può celarsi un'opportunità di trasformazione. Quando tutto sembra sfuggire al nostro controllo, abbiamo la possibilità di imparare ad affidarci alla vita con più fiducia, a sviluppare nuove risorse interiori e a scoprire aspetti di noi stesse che prima non avevamo mai esplorato. L’incertezza diventa quindi una palestra per la crescita, un terreno fertile per allenare la capacità di adattamento, di resilienza e di apertura alle infinite possibilità che il futuro può offrirci.

Il primo passo è chiedersi: Cosa mi rende davvero felice? Cosa voglio per me stessa?

Nel coaching umanistico, incoraggio a individuare piccole azioni che portino gioia. Non serve stravolgere tutto in un giorno: la felicità si costruisce un passo alla volta. E come studentessa nel percorso per diventare Spiritual Coach, mi alleno a stare nell'ombra per riscoprire la luce. Accettare i momenti di buio, senza paura né fuga, significa permettersi di esplorare la profondità di sé stesse, riconoscendo che è proprio lì che nascono le intuizioni più autentiche e le trasformazioni più profonde. La luce non è assenza di ombra, ma la sua naturale evoluzione quando impariamo a integrarci con tutte le nostre parti, senza rifiutarne nessuna.

Piccoli passi concreti per ripartire

Riprendere in mano la propria vita quotidiana è un processo graduale. Gesti semplici, come creare una routine che ci fa stare bene o dedicarsi a una passione, possono fare una grande differenza.

Il metodo Montessori e il coaching umanistico offrono strumenti pratici per ritrovare equilibrio. Un esercizio utile è dedicare 10 minuti al giorno all’ascolto di sé: respirare, riconoscere le emozioni, compiere un piccolo gesto per il proprio benessere.

Questi passi creano basi solide per un nuovo capitolo di vita. Non serve avere fretta: la felicità si impara strada facendo, con curiosità e amore per la vita. La tentazione di cercare una soluzione immediata, un rimedio rapido per il dolore, è forte, ma forzare il cambiamento non aiuta. "Chiodo schiaccia chiodo" non funziona davvero, perché ogni ferita ha bisogno del suo tempo per guarire. Il vero percorso di rinascita avviene quando ci concediamo il tempo necessario per comprendere, accogliere e trasformare ciò che è stato, senza cercare scorciatoie.

Per concludere 

Il dolore non è una destinazione, ma un passaggio. Se lo attraversiamo con consapevolezza e amore per noi stesse, ci porta verso una versione più forte e autentica di noi. Come scriveva Carlos Castaneda, "Un guerriero prende ogni cosa come una sfida, non come una benedizione o una maledizione". Il dolore può sembrare una barriera, ma in realtà è una porta: accoglierlo significa permettergli di trasformarci, di renderci più sagge e più capaci di vedere la vita con occhi nuovi. È nell’attraversamento della sofferenza che scopriamo le risorse interiori che non sapevamo di avere, e impariamo a muoverci nel mondo con più fiducia e profondità.

La felicità non è un traguardo lontano, ma una scelta quotidiana. Ogni giorno possiamo decidere di onorare la nostra vita e i nostri desideri.

Benvenuta nel tuo viaggio di rinascita. Benvenuta in Happy Life Balance, dove la felicità si impara strada facendo.

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26/04/2025

Non perfetti, ma presenti: nasce lo Spazio del Noi

26/04/2025

Non perfetti, ma presenti: nasce lo Spazio del Noi

Non perfetti, ma presenti: nasce lo Spazio del Noi

Chi l’ha detto che per essere dei bravi genitori, nonni, zii, educatori o insegnanti dobbiamo essere perfetti?
Chi ha messo in giro questa voce pericolosa, che ci fa sentire sempre un passo indietro, sempre inadeguati, sempre “sbagliati”?

Educare non è questione di perfezione.
Educare è questione di presenza.
È il coraggio di stare nelle cose, di mettersi in gioco, di fare esperienza. È guardare in faccia le difficoltà senza fuggire, senza far finta di niente, ma anche senza puntare il dito contro noi stessi o contro gli altri.

È proprio quando ci concediamo il lusso di non sapere tutto, ma scegliamo comunque di esserci, che facciamo la differenza.
Perché chi si prende cura di un bambino, di una bambina, di un ragazzo o di una ragazza, lo sa: ogni giorno è una scoperta. Ogni giorno ci mette davanti qualcosa di nuovo. E nessuno ci ha dato il libretto delle istruzioni.

Ma la buona notizia è che felici s’impara.
Si impara insieme, a piccoli passi, confrontandosi, ascoltandosi, sostenendosi.

È con questo spirito che nasce lo Spazio del Noi.

Uno spazio pensato per chi ha una responsabilità educativa — genitori, nonni, zii, insegnanti, educatori — e sente il bisogno di non sentirsi solo in questo compito meraviglioso e faticoso.
Uno spazio dove potersi raccontare senza paura di essere giudicati, ma con la certezza di essere accolti.
Dove le domande contano più delle risposte.
Dove si può condividere ciò che funziona, ciò che non funziona, ciò che si vorrebbe provare.

Un luogo in cui trovare respiro e sentirsi “nella stessa barca”, perché quando ci si confronta davvero, le difficoltà diventano un’opportunità concreta di cambiamento.

Io ci sarò come guida, come allenatrice di felicità, per aiutarti ad allenare uno sguardo nuovo: uno sguardo capace di vedere i punti di forza, le potenzialità, tutto quello che già c’è e che funziona.
Perché sì, esiste sempre qualcosa che funziona. A volte è solo questione di imparare a vederlo.

E lo faremo insieme, con quello che chiamo sempre il DDF — Darsi Da Fare, perché il cambiamento non avviene a colpi di teoria, ma con piccoli passi quotidiani, concreti, veri.

Tre fondamenta per questo progetto: il coaching umanistico, il coaching spirituale e il metodo Montessori

Lo Spazio del Noi si appoggia su tre pilastri che per me sono molto più che teorie: sono strade di vita, sono il modo in cui scelgo ogni giorno di stare nel mondo e di accompagnare le persone nei percorsi di crescita.

1. Il coaching umanistico: allenare lo sguardo, scoprire i punti di forza

Il coaching umanistico parte da una domanda potente: Chi vuoi essere?
Non si concentra sugli errori o sulle mancanze, ma sul potenziale, su ciò che può essere allenato e sviluppato.
È un invito a cambiare il modo di pensare, ad allenarci a cercare ciò che funziona invece di rincorrere ciò che manca.
Allenamento, costanza, gentilezza verso sé stessi.
È credere nella possibilità di vedere il mondo e noi stessi con occhi nuovi.

2. Il coaching spirituale: ascoltare chi sei, nutrire la tua essenza

Ma prima di chiederci chi vogliamo diventare, c’è una domanda ancora più vera, più intima: Chi sei?
Il coaching spirituale, che sto approfondendo con il percorso di SpiritualCoach di Lucia Merico, ci accompagna in questo viaggio di ritorno a casa, verso la nostra essenza più profonda.
Perché non possiamo portare fuori una visione buona, se prima non impariamo ad accoglierla dentro di noi.
È imparare a stare con ciò che c’è, senza maschere, senza bisogno di aggiustare, senza fretta di cambiare.
È nutrire la fiducia nel proprio sentire, nella propria voce interiore.
Perché solo chi si è incontrato davvero, può accompagnare un altro con autenticità.

3. Il metodo Montessori: osservare, rispettare, crescere insieme

Maria Montessori ci insegna che l’educazione non è un atto di imposizione, ma di ascolto.
L’adulto non plasma, ma osserva con umiltà e pazienza. Prepara l’ambiente e si mette al servizio della crescita.
L’osservazione montessoriana è viva, presente, mai passiva: è uno sguardo che non giudica, che non forza, ma che si apre alla possibilità di comprendere, di sostenere senza invadere, di rispettare i tempi e i bisogni dell’altro.
E per fare questo, l’adulto deve prima di tutto lavorare su di sé, allenare la propria capacità di presenza, il proprio equilibrio interiore, la propria crescita spirituale.

Come funziona lo Spazio del Noi

Quando: il giovedì sera, ogni 15 giorni, dalle 21 alle 22.30

Dove: online, comodo da casa, con il cuore aperto e il desiderio di condividere

Si parte: giovedì 29 maggio 2025 (l’ultimo giovedì di maggio)

Pausa estiva: tutto il mese di agosto

Quanto costa: una cifra simbolica di 20 euro all’anno, da versare tramite bonifico con nome e cognome. Non per “pagare” il tempo, ma come assunzione di responsabilità, come scelta di esserci davvero.

Come iscriversi:


Basta scrivermi una mail a info@santinabossini.it indicando:

Nome e cognome

Numero di cellulare

Indirizzo mail

Oggetto: “Io ho deciso di iscrivermi allo Spazio del Noi”

Allegando la ricevuta del bonifico.

Ti invito al webinar di presentazione!

Per conoscere meglio il progetto, per capire insieme cosa ci aspetta in questo percorso, per farmi tutte le domande che vuoi, ti aspetto al webinar gratuito di presentazione:

�� Giovedì 22 maggio 2025
�� Dalle 21 alle 22
�� Online, su Google Meet (ti invierò il link su richiesta)

Sarà l’occasione per incontrarci, per raccontarti di più su questo spazio, e per iniziare a fare insieme il primo passo.

Perché felici s’impara. E il primo passo, lo sai, è sempre il DDF – Darsi Da Fare.

Santina – allenatrice di felicità

foto del blog

24/04/2025

Quando un figlio “non sta bene” ma non sa dirlo

24/04/2025

Quando un figlio “non sta bene” ma non sa dirlo

Quando un figlio “non sta bene” ma non sa dirlo

Imparare ad ascoltare le richieste di aiuto emotivo dei nostri bambini (e di noi stessi)

Nessuno cresce da solo

Essere genitori, oggi più che mai, è un’avventura che mette alla prova il cuore, la mente, la pazienza.
È una sfida che spesso si vive nella solitudine delle proprie stanze, tra il desiderio di fare del proprio meglio e il senso di inadeguatezza che arriva quando le cose non vanno come vorremmo.

C’è un punto però da cui partire sempre, ed è questo:
nessuno cresce da solo. Né i bambini, né noi adulti. Crescere è una questione di relazioni, di sguardi, di ascolto, di presenza. È una strada che si percorre insieme.

E allora, quando ci troviamo a chiederci “Perché mio figlio si comporta così?”, “Cosa posso fare per aiutarlo?”, forse la domanda più profonda che possiamo porci è:
“Sto riuscendo a vedere davvero ciò che mio figlio mi sta dicendo, anche quando non trova le parole per farlo?”

Questo articolo vuole essere una carezza e uno strumento: un piccolo compagno di viaggio per tutte le mamme, per tutti i papà, per tutte le famiglie che ogni giorno si mettono in gioco nell’educare e nel crescere insieme.

Quando i bambini ci chiedono aiuto… senza saperlo dire

Spesso, quello che leggiamo come “capricci”, “opposizione”, “provocazione” è in realtà una forma primitiva, a volte disperata, di esprimere un bisogno emotivo profondo. Una richiesta di aiuto.

I segnali che ci stanno dicendo: “Aiutami, sto facendo fatica” possono essere tanti, tra cui:

Rabbia esplosiva e crisi di pianto senza motivo apparente

Comportamenti regressivi (pipì a letto, linguaggio da più piccolo)

Chiusura nel silenzio o nel ritiro sociale

Frasi come “Non ce la faccio”, “Sono cattivo”, “Nessuno mi vuole bene”

Paure improvvise, attaccamento eccessivo, ansia da separazione

Disturbi fisici senza cause mediche (mal di pancia, mal di testa…)

Calo nel rendimento scolastico, difficoltà di concentrazione

Questi segnali sono il modo in cui i bambini ci chiedono di fermarci, di guardarli, di ascoltarli davvero.
Non sono esagerazioni. Non sono solo fasi. Sono richieste di aiuto.

E il primo passo per poterli accompagnare è allenare la nostra capacità di osservare e di ascoltare.
Quella stessa osservazione che Maria Montessori ci invita a coltivare ogni giorno, non per controllare, ma per capire chi abbiamo davvero davanti, senza sovrapporre le nostre paure o aspettative alla loro realtà.

5 passi concreti per accogliere le richieste di aiuto dei nostri figli

Fermati. Respira. Guarda.
Non agire subito. Fai una pausa, ascolta cosa sta accadendo dentro di te e fuori.

Nomina quello che osservi, senza interpretare.
“Vedo che sei molto arrabbiato.”
“Sento che sei triste oggi.”
Evita di etichettare o giudicare.

Offri uno spazio di ascolto autentico, senza forzare.
Anche un semplice “Io ci sono, quando vuoi parlarne” può fare la differenza.

Riconosci il bisogno, non solo il comportamento.
Quale bisogno sta cercando di esprimere mio figlio? Sicurezza? Attenzione? Amore?

Coltiva quotidianamente il tempo della relazione.
Anche solo 10 minuti di gioco o dialogo esclusivo al giorno, senza distrazioni. È tempo di qualità che nutre la fiducia.

E i papà? Anche il loro sguardo è fondamentale

Sì, spesso sono le mamme a sentire sulle spalle il carico più grande. Ma educare non è (e non dovrebbe mai essere) un mestiere solitario.
Ogni papà porta con sé potenzialità preziose: stabilità, gioco, tenerezza, forza, pazienza.

A volte i papà restano in disparte perché si sentono meno competenti, o perché pensano che certe cose siano “da mamma”. Ma non è così. Ogni gesto di presenza autentica, ogni parola detta col cuore, costruisce fiducia, sicurezza, amore.

Essere papà è essere parte viva di quella base sicura di cui ogni bambino ha bisogno.
Anche solo un “sono qui”, anche solo uno sguardo che dice “ti vedo”, può cambiare le cose.

La coppia come primo ambiente educativo

L’equilibrio emotivo di un bambino si nutre anche della serenità e della sintonia tra chi si prende cura di lui.
Non si tratta di essere sempre d’accordo su tutto, ma di essere una squadra, di avere il coraggio di parlarsi, di confrontarsi, di scegliere insieme la direzione da dare all’educazione dei propri figli.

Quando mamma e papà si sminuiscono a vicenda, quando si contraddicono davanti ai figli, si apre una crepa nella fiducia. Al contrario, quando si sostengono, anche nelle differenze, i figli respirano sicurezza, coerenza, amore.

Prendersi cura della relazione di coppia significa anche prendersi cura del benessere dei propri bambini.
Come ci insegna il coaching umanistico, ogni crescita personale si nutre di relazioni buone, di dialoghi sinceri, di alleanze forti.

Se senti che da sola non ce la fai… sappi che non sei sola

Non esistono genitori perfetti. Esistono genitori che si mettono in gioco. Che si fanno domande. Che scelgono di imparare, di allenarsi, di chiedere aiuto quando serve.
E questo non è un segno di debolezza. È il primo atto di cura verso sé stessi e verso i propri figli.

Se queste parole ti hanno parlato, se ti sei riconosciuta tra queste righe, ho pensato a uno spazio speciale proprio per te.

Sta per nascere un nuovo spazio di condivisione educativa:

La Stanza del Noi

Dove le relazioni fioriscono, e grandi e piccoli imparano a diventare sé stessi

Un gruppo online per mamme, papà, educatori, nonni: per chi desidera confrontarsi, imparare, sentirsi meno solo nella meravigliosa fatica dell’educare.
Ci troveremo ogni 15 giorni, il giovedì sera alle 21.00, a partire da giovedì 8 maggio, in un clima accogliente, rispettoso e autentico.

Per partecipare, è richiesto solo un piccolo gesto di responsabilità e appartenenza:
una quota simbolica di 20€ all’anno, dalla data di iscrizione.
Un modo semplice per dare valore a ciò che stai scegliendo di costruire insieme a me, e per sostenere questo spazio nel tempo.

Se senti che è arrivato il momento di prenderti cura anche di te, della tua relazione con i figli, con il partner, con te stessa, scrivimi.
Ti risponderò con gioia.
Perché sì: felici s’impara. E insieme, si fiorisce meglio.

Con affetto e presenza,
Santina

La tua allenatrice di felicità

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08/03/2025

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

08/03/2025

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

Il potere delle Donne non è imitare gli uomini: La Forza della Differenza

La falsa equazione tra potere e somiglianza

Viviamo in un mondo che, per troppo tempo, ha suggerito che per essere forti, per essere ascoltate, per "avere un posto" nel mondo, le donne debbano somigliare agli uomini. Ci hanno detto che dobbiamo acquisire la loro forza, il loro modo di pensare, la loro determinazione quasi aggressiva, per poter emergere. Ma è davvero così? O c'è un'altra via, un'altra forma di potere che non ha bisogno di somigliare a nessun altro se non a noi stesse? In questo articolo voglio esplorare il valore della differenza, il potere autentico della femminilità e come riscoprirlo nella vita di tutti i giorni.

La doppia energia in ognuno di noi: maschile e femminile

Ciascuno di noi porta dentro di sé sia energia maschile che energia femminile. Non si tratta di una contrapposizione, ma di una complementarietà naturale che, quando armonizzata, ci permette di essere completi. La società, tuttavia, ha spesso spinto le donne a sviluppare la propria parte maschile, come se solo attraverso questa potessero essere considerate autorevoli. Ma la vera forza sta nell'accogliere entrambe le energie dentro di noi, senza doverne rinnegare una per emergere.

Come family coach Montessori e life coach umanista, vedo ogni giorno quanto sia importante per le donne riconoscere e valorizzare le proprie potenzialità senza sentire il bisogno di conformarsi a modelli prestabiliti. L'educazione alla vita e alla felicità passa attraverso la consapevolezza di sé, il rispetto della propria natura e la capacità di esprimere con autenticità ciò che siamo davvero.

Differenti ma ugualmente potenti

Non esiste un unico modello di potere. Il nostro mondo, per essere completo, ha bisogno di entrambe le visioni: quella maschile e quella femminile. Ma il problema sorge quando una di queste visioni viene considerata l’unico standard valido.

Le donne pensano in modo diverso dagli uomini, e questo è un dono. Il loro modo di riflettere, di percepire il mondo, di affrontare i problemi è unico e imprescindibile per l’evoluzione della società. Il nostro potere non sta nel cancellare questa differenza, ma nel renderla sempre più visibile, valorizzarla e celebrarla.

Il Metodo Montessori insegna l’importanza della libera espressione e dell’ascolto profondo dei bisogni di ciascun individuo. Applicato alla nostra crescita personale, questo significa accettare la nostra diversità come una ricchezza, non come un limite.

Il mito della forza fisica e della competizione maschile

Per troppo tempo la forza è stata vista solo nella sua dimensione fisica o nella competitività. Ma la vera forza, quella che resiste, che trasforma, che innova, ha molte altre forme:

È la forza della capacità di ascoltare senza prevaricare.

È la forza di costruire connessioni profonde.

È la forza della resilienza, della cura, della capacità di adattarsi e innovare.

Le donne, storicamente, hanno esercitato queste forme di potere in modo straordinario. L’educazione alla felicità, che è parte centrale del coaching umanistico, ci insegna che la vera forza sta nell’autenticità, nella capacità di essere pienamente noi stesse senza bisogno di indossare maschere.

Le trappole dei social media e della rappresentazione della donna

Viviamo in un’epoca in cui i social media ci mostrano continuamente modelli di donna che oscillano tra due estremi: da un lato l’iper-femminilità performativa, dall’altro l’imitazione del modello maschile. Ma esiste un terzo spazio: quello in cui possiamo essere semplicemente noi stesse, senza sentirci obbligate a rientrare in un canone prestabilito.

I social possono essere strumenti potenti per ridefinire la narrazione sulla femminilità, ma dobbiamo usarli in modo consapevole. Creare una nuova immagine di potere femminile significa proporre contenuti che mostrino la bellezza della diversità, che raccontino la forza della vulnerabilità e la potenza dell’autenticità.

Riscoprire e abbracciare la nostra essenza femminile

Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero. In un’ottica di coaching umanistico, questo significa allenare le nostre potenzialità e costruire uno sguardo orientato ai nostri punti di forza, anziché soffermarci su ciò che ci manca o su chi dovremmo essere secondo le aspettative sociali.

Quali sono le caratteristiche che ci rendono uniche?

Quali pensieri, quali sogni, quali modalità di vivere il mondo ci appartengono profondamente?

Quali condizionamenti sociali ci spingono a nascondere parti di noi?

Attraverso la scoperta e l’allenamento delle nostre potenzialità, possiamo trasformare il nostro modo di vivere, riconoscendo che ciò che ci rende diverse ci rende anche potenti. Il coaching umanistico ci insegna a guardare oltre le etichette, a riscoprire il valore delle nostre inclinazioni naturali e a farne strumenti di crescita e realizzazione.

Ogni donna ha dentro di sé una riserva di forza, creatività, empatia e coraggio che può sviluppare consapevolmente. Il percorso di riscoperta della propria essenza è un viaggio di libertà interiore, un cammino di autoeducazione alla vita e alla felicità, esattamente come insegna il metodo Montessori: attraverso l’osservazione di sé, la sperimentazione e la fiducia nei propri talenti.

La libertà più grande sta nell’accettazione di sé. Questo è il cuore del mio lavoro: aiutare le donne a riconoscere la loro potenza, a trovare la propria voce, a vivere la propria vita in armonia con ciò che sono. Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero.

La vera libertà è essere noi stesse

Non dobbiamo essere più simili agli uomini per essere forti. Dobbiamo essere più simili a noi stesse. La potenza della femminilità non sta nell’omologazione, ma nella differenza. Non sta nel conformarsi, ma nel riscoprirsi. E solo quando saremo consapevoli della nostra unicità potremo davvero esprimere il nostro potere nel mondo.

Felici s’impara. E si impara anche ad essere pienamente donne, nella forza della nostra essenza.

A presto, 

la tua allenatrice di felicità. 

 

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06/03/2025

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

06/03/2025

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

Pazienza e nervosismo in famiglia: perché perdiamo la calma e come ritrovarla

La pazienza in famiglia: una risorsa preziosa, ma limitata

Ti è mai capitato di dire (o solo pensare): "Non ce la faccio più!"? Di sentirti sopraffatta dalle richieste, dalle urgenze, dai bisogni degli altri? Di esplodere e poi pentirtene subito dopo?

Se la risposta è sì, voglio dirti una cosa importante: non sei sola.

La pazienza non è infinita. E non si tratta di una virtù che alcune persone possiedono e altre no. La pazienza è una competenza, un'abilità che possiamo imparare e allenare. E nel momento in cui scegli di lavorarci sopra, inizi a trasformare non solo il tuo benessere, ma anche quello della tua famiglia.

Perché perdiamo la pazienza in famiglia?

Prima di trovare le strategie per gestire la calma, dobbiamo capire perché la perdiamo così facilmente. Le ragioni possono essere molte, ma ecco alcune delle più comuni:

1️⃣ Sovraccarico mentale: quando hai mille cose da gestire (casa, lavoro, figli, impegni) la tua mente si riempie e il tuo sistema nervoso va in tilt. Il cervello, sotto stress, diventa meno capace di gestire le emozioni.

2️⃣ Mancanza di tempo per sé: essere sempre a disposizione degli altri senza mai ricaricare le energie è la ricetta perfetta per l'esplosione.

3️⃣ Aspettative troppo alte: vorremmo bambini collaborativi, un partner sempre in sintonia, una casa ordinata. Ma la realtà è diversa. Accettarla non significa rassegnarsi, ma imparare a vivere con maggiore leggerezza.

4️⃣ Mancanza di strumenti educativi efficaci: spesso, la nostra impazienza deriva dal fatto che non sappiamo come affrontare le situazioni critiche in modo diverso. Se l'unico strumento che conosciamo è alzare la voce, lo useremo, anche se sappiamo che non funziona.

5️⃣ Stanchezza emotiva: quando siamo mentalmente ed emotivamente esaurite, la nostra soglia di tolleranza si abbassa. Ecco perché alcune cose che di solito riusciamo a gestire con un sorriso, in certi momenti ci sembrano insopportabili.

Le domande più comuni dei genitori (e le risposte pratiche!)

Sul web e sui social, le domande più frequenti sulla pazienza in famiglia rivelano un grande bisogno di strategie concrete. Eccone alcune:

1. È normale perdere la pazienza con i miei figli?

Assolutamente sì. Non siamo robot e non possiamo essere pazienti 24 ore su 24. L'importante non è essere sempre calme, ma riconoscere i segnali del nervosismo e intervenire prima di esplodere.

2. Come faccio a smettere di urlare?

Urlare è il segnale di un accumulo di tensione. Se vogliamo smettere, dobbiamo lavorare a monte: ridurre lo stress, riconoscere quando stiamo per perdere la calma e trovare strategie alternative per comunicare.

3. Come posso mantenere la calma quando i miei figli non ascoltano?

Imparando a guardare la situazione con occhi diversi. Spesso pensiamo che il bambino ci stia sfidando, mentre in realtà sta solo esprimendo un bisogno o una difficoltà. Se smettiamo di vederlo come un "capriccio" e iniziamo a chiederci "cosa sta cercando di dirmi?", tutto cambia.

4. Come posso evitare di scaricare lo stress sulla mia famiglia?

Prendendoci spazi di decompressione durante la giornata. Anche solo 5 minuti per respirare, bere un tè caldo o ascoltare una canzone che ci piace possono aiutarci a ridurre la tensione.

Strategie pratiche per allenare la pazienza

�� Il respiro consapevole: quando senti che stai per perdere la pazienza, fermati e fai tre respiri profondi. Questo aiuta il cervello a passare dalla reazione impulsiva a una risposta più calma.

�� Tecnica Montessori dell'osservazione: prima di intervenire, prova a osservare senza giudicare. Cosa sta realmente succedendo? Spesso, vedendo la situazione con più distacco, la tensione si scioglie.

�� Cambia prospettiva: chiediti "Questa situazione sarà ancora un problema tra una settimana?". Se la risposta è no, forse non vale la pena perdere la calma.

�� Trova una frase ancora più potente dell’urlo: invece di dire "Basta!", prova a dire "Respiriamo insieme e troviamo una soluzione". Non solo abbassi il livello di tensione, ma offri un modello di gestione delle emozioni ai tuoi figli.

Vuoi allenare la tua pazienza? Ecco come fare!

Se senti che la pazienza ti sfugge di mano e vuoi strumenti pratici per gestire meglio lo stress e la comunicazione in famiglia, ho creato un corso pensato proprio per te:

✨ "Ma la pazienza? Si compra scontata?" ✨

Un’esperienza pratica e coinvolgente per aiutarti a: ✔ Riconoscere i segnali del nervosismo prima che prenda il sopravvento ✔ Apprendere tecniche per mantenere la calma nelle situazioni difficili ✔ Trasformare il conflitto in un’opportunità di crescita ✔ Avere più serenità e leggerezza nella vita quotidiana

�� Nuova edizione in partenza martedì 18 marzo in presenza in studio da me a Gardone val Trompia, dalle 20 alle 22,  oppure on line giovedì 20 marzo su piattaforma meet dalle 18 alle 20.

Scrivimi per info e per prenotare il tuo posto!

Per concludere …la pazienza si allena, ogni giorno

La pazienza è un'abilità, e come ogni competenza, si sviluppa con l'esercizio. Non essere troppo dura con te stessa: ogni giorno è un'opportunità per migliorare, per ascoltarti e per trovare strategie più efficaci.

E tu? Qual è la situazione in cui perdi più spesso la calma? Te leggo volentieri se vuoi condividere i tuoi pensieri. 

A presto 

Santina, la tua allenatrice di felicità. 

 

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