Succede piano.
Non è un uragano, ma piuttosto una nebbia silenziosa.
Ti alzi ogni giorno, fai quello che “devi”, incastri gli impegni, porti avanti tutto con cura e senso del dovere. E così, senza accorgertene, attivi il pilota automatico.
Quel meccanismo invisibile che ti fa andare avanti per inerzia: rispondi alle esigenze degli altri, spunti le cose da fare, ti adatti a ogni imprevisto, ma non ti chiedi più se ciò che stai vivendo ti corrisponde davvero.
Il pilota automatico ti fa sopravvivere, ma non ti fa scegliere. Ti protegge dalla fatica della consapevolezza, ma ti allontana ogni giorno un po’ di più da te stessa. Ti fa sembrare "organizzata", ma in realtà sei solo in apnea.
E intanto, un po’ alla volta, perdi il contatto con ciò che ti fa bene davvero. Con ciò che ti accende. Con chi sei tu, oltre i ruoli.
All’inizio non te ne accorgi.
Poi cominci a sentire qualcosa che stride. Una stanchezza che non passa. Una voce interiore che ti sussurra:
“Così non può andare avanti”.
Ma non sai da dove partire. E allora continui. Tieni botta. Ti dici che forse passerà. Che magari in vacanza. Magari con più tempo. Magari il mese prossimo.
Intanto, però, non sei felice.
E nemmeno infelice.
Sei sospesa. In bilico tra ciò che senti e ciò che fai. Ti muovi, ma senza una vera direzione. Funzioni, ma non vivi davvero. Non c’è un dolore preciso, ma una assenza di gioia, come se qualcosa dentro fosse rimasto indietro. Una parte di te osserva tutto da lontano, aspettando un segnale, un appiglio, un motivo vero per ricominciare. È come abitare una vita che conosci, ma che non ti appartiene più davvero. Eppure continui. Per abitudine, per responsabilità, per affetto. Ma nel profondo, una voce resta lì, in attesa. E tu con lei.
Questo articolo è per te, che ti sei dimenticata — o ti hanno fatto dimenticare — cosa ti rende davvero felice.
È per te che sogni una nuova versione di te stessa, ma temi che sia tardi, o troppo difficile.
È per te che senti l’urgenza del cambiamento, ma non hai una direzione chiara.
È per te che stai resistendo, ma vorresti finalmente scegliere.
E magari, per la prima volta, scegliere te stessa.
Perché non si tratta di inventarti da zero, ma di ricordarti chi sei. È un lavoro di memoria interiore. Di ricordo di sé. Di ritorno a casa. Dentro di te hai già tutto: desideri, talenti, intuizioni, potenzialità. Solo che la vita, le pressioni esterne, le aspettative e la fatica ti hanno fatto perdere il filo.
E allora questo articolo è anche un invito a ricentrarti. A riconoscere che — anche se oggi ti sembra di non avere il controllo — tu sei e resti la prima responsabile della tua vita. Non colpevole, ma potente. Non sola, ma protagonista.
Perché la felicità non arriva da fuori: si risveglia da dentro. E tutto parte da un atto coraggioso e dolce: **ricordarti di te.
Questa è la ferita più invisibile.
Non stai male “per qualcosa”.
Stai male per tutto quello che hai smesso di sentire.
Ci insegnano a essere brave, utili, presenti. A far funzionare le cose, a prenderci cura degli altri.
E ci dimentichiamo che la felicità non è un premio da guadagnare con l’efficienza, ma una direzione da coltivare.
Nel mio percorso Happy Life Balance, la prima cosa che facciamo è proprio questa: ritornare a ciò che ti fa brillare.
All’inizio non è facile, perché quando ti chiedono: “Cosa ti fa felice?”, non sempre sai rispondere.
Ma basta allenarsi.
La felicità non è un istante magico. È una pratica. Un'educazione. Un modo di guardarsi dentro.
Uno dei principi fondamentali del coaching umanistico è proprio questo: partire dai tuoi punti di forza. Non per ignorare le tue fragilità, ma per imparare a sostenerle con ciò che hai già dentro di te. Le tue risorse naturali — come la creatività, la determinazione, la capacità di cura, la tenacia — diventano la base solida su cui appoggiarti quando qualcosa traballa. È come costruire una casa ben piantata: non si nega il vento, ma si impara a stare in piedi anche quando soffia forte.
E così, nel tempo, impari a fare luce su ciò che ti nutre, a riconoscere ciò che ti fa bene, e a trasformare quella conoscenza in azione quotidiana.
Come diceva Maria Montessori:
“Aiutami a fare da solo.”
Anche l’adulta che sei oggi ha bisogno di essere aiutata a “fare da sé”, a ritrovare la propria via alla gioia.
E non è mai troppo tardi per imparare.
Ogni sogno porta con sé una domanda segreta:
“Sono all’altezza?”
Ecco perché molte donne non iniziano mai.
Perché sentono che sognare è lecito, ma realizzare è troppo: troppo grande, troppo rischioso, troppo lontano da ciò che oggi appare possibile.
Eppure, quello slancio verso il cambiamento non è un capriccio. È il segnale vivo della nostra tensione naturale all’autorealizzazione. Una spinta interna che non ci abbandona mai, anche nei momenti più confusi. Nel coaching umanistico, questa tensione è vista come una delle potenzialità fondamentali dell’essere umano, ed è proprio allenandola che possiamo ricostruire la nostra autostima, non come autogiudizio ma come riconoscimento del nostro valore in divenire.
Ogni volta che rispondi a un desiderio autentico, che scegli un passo nella direzione della tua crescita, stai affermando che sei degna di fiducia. La tua. E lì, proprio lì, la tua stima per te stessa comincia a rinascere.
Nel mio lavoro quotidiano, ho visto decine di donne trasformare il proprio sogno in un percorso.
Non in un colpo di testa, ma in un cammino passo passo, fatto di piccole scelte, nuove consapevolezze, strumenti concreti e visione.
Perché il cambiamento non è una scossa, ma una transizione accompagnata.
E sì, è anche faticoso. Ma è una fatica scelta, e proprio per questo è trasformativa. Non una corsa a vuoto, ma un allenamento consapevole. Ecco perché nel coaching umanistico parliamo di disciplina come forma di libertà: non si tratta di fare sempre quello che vuoi, ma di imparare a volere ciò che fai, perché è in linea con chi sei. Perché ti somiglia. Perché ti rende vera.
E questo è esattamente quello che facciamo insieme in Happy Life Balance:
perché quando tutto sembra mescolato — pensieri, emozioni, doveri, aspettative — il primo passo non è fare di più, ma vedere meglio. Mettere ordine nel caos significa fermarsi e dare un nome alle cose: cosa sento davvero? Cosa mi sta chiedendo la vita? Cosa desidero per me, non per compiacere? È un processo di chiarezza profonda, in cui il disordine diventa occasione di consapevolezza. Il coaching umanistico ci accompagna anche in questo: non per semplificare la vita, ma per riconoscere in mezzo al rumore ciò che conta davvero per noi, e cominciare da lì.
perché spesso li abbiamo messi a tacere per troppo tempo. Cresciute nell’idea che fosse più importante essere utili che autentiche, abbiamo imparato a ignorare ciò che ci chiama dentro. Ma i desideri veri — quelli che vengono dal cuore, non dal bisogno di approvazione — non urlano, bussano piano. Dargli voce significa ascoltarli con rispetto, anche quando sembrano scomodi o fuori rotta. Significa imparare a dire: “Questo lo voglio per me, non per essere abbastanza per gli altri, ma per essere vera con me stessa.” Significa anche concedersi il diritto di desiderare senza doverlo giustificare.
perché l’ansia non è sempre un nemico da combattere, ma un messaggio da ascoltare. È una forma di energia che chiede direzione. Quando impariamo a riconoscerla, a nominarla, e a metterla al servizio di qualcosa di significativo, allora diventa spinta creativa. Proprio su questo abbiamo lavorato durante l’evento Glowup Rosa di lunedì 7 luglio, dove con tante donne coraggiose abbiamo trasformato insieme il nodo dell’ansia in un’occasione di ascolto, di condivisione e di forza. Abbiamo visto che l’ansia non va tolta, ma trasformata: in consapevolezza, in respiro, in movimento. In energia, appunto.
perché spesso ci troviamo a vivere giornate piene, ma vuote di significato. Fare chiarezza significa distinguere l’essenziale dall’accessorio, ciò che nutre da ciò che semplicemente occupa spazio. È un processo di selezione interiore, in cui impariamo a riconoscere i nostri veri valori, le relazioni che ci arricchiscono, le attività che ci fanno sentire vive. È un atto di verità, che richiede presenza e coraggio, ma che ci restituisce il potere di scegliere in base a ciò che ci corrisponde davvero. In Happy Life Balance, questo significa imparare a dire dei sì pieni e dei no liberi. Significa imparare a orientare la bussola verso ciò che dà senso, piuttosto che lasciarsi trascinare dall’urgenza del fare.
La verità è che tu esisti già, anche nella tua versione nuova.
È dentro di te, come un seme che aspetta le condizioni giuste.
Il problema è che spesso cerchiamo conferme fuori:
E quando ci esponiamo al mondo in cerca di conferme, entriamo spesso in una zona fragile dove il giudizio degli altri diventa misura del nostro valore. Ma è importante distinguere: un’opinione è un punto di vista, il giudizio è una condanna. L’opinione lascia spazio alla curiosità, alla crescita, al confronto. Il giudizio blocca, riduce, irrigidisce.
E troppe volte ci facciamo condizionare da giudizi che in realtà non parlano di noi, ma delle paure e dei limiti di chi li esprime. Spesso chi giudica sta semplicemente cercando di proteggere se stesso da ciò che non conosce, da ciò che lo mette in discussione, o da ciò che non ha avuto il coraggio di scegliere. Il giudizio diventa così un riflesso delle sue insicurezze, dei suoi freni, dei suoi schemi irrisolti.
Eppure, quando non siamo ben radicate in noi stesse, quei giudizi ci colpiscono come se fossero verità assolute. Così finiamo per mettere in discussione la nostra autenticità, per vergognarci del nostro desiderio di cambiare, per spegnere la voce che dentro di noi già sa dove andare. In realtà, ciò che ci ferisce non è il giudizio in sé, ma il fatto che in quel momento non siamo ancora abbastanza centrati per lasciarlo andare.
Nel percorso Happy Life Balance, impariamo a riconoscere quei giudizi, a smontarli con amorevolezza e consapevolezza, e a riappropriarci del nostro sguardo su di noi. Perché solo noi possiamo dire chi siamo davvero. E solo noi possiamo dare fiducia alla nostra parte nuova, che non aspetta altro che essere vissuta.
Prima di iniziare un percorso, quella parte più autentica di noi può restare a lungo nascosta sotto una coltre di frasi che non ci appartengono davvero: i “non si può”, i “non serve”, gli “ormai” che abbiamo interiorizzato da altri. Sono pensieri limitanti, seminati — spesso inconsapevolmente — da persone che non hanno saputo o voluto credere in sé stesse. Giudizi che nascono dalle loro paure, dal loro bisogno di controllo o dalla frustrazione di non aver mai avuto il coraggio di cambiare. Ma questi giudizi parlano di loro, non di noi. E riconoscerlo è già un atto di libertà.
Nel percorso Happy Life Balance impariamo a smettere di aspettare di essere diverse per iniziare a vivere.
Iniziamo a vivere mentre cambiamo, perché non esiste un momento perfetto in cui tutto sarà a posto e noi finalmente pronte. Vivere mentre cambiamo significa accettare il processo, entrare nella vita reale con tutte le sue imperfezioni e contraddizioni, e scegliere comunque di esserci, di agire, di amare, di sperare. Non più rimandare, ma partecipare.
E in quel partecipare, qualcosa si sblocca. La vita risponde. La nuova versione di noi non è un traguardo lontano: è un movimento interiore che si attiva proprio quando iniziamo a prenderci sul serio. Quando smettiamo di aspettare l'approvazione e cominciamo ad approvarci.
E mentre cambiamo, scopriamo che la versione nuova… era già pronta.
Ci aspettava.
Sapeva già la strada.
Questa è la fase più dura. Ma anche quella in cui tutto è possibile.
È lì che nasce la spinta: quando il malessere non si può più ignorare, ma il futuro non è ancora visibile. È un momento di grande vulnerabilità, ma anche di verità. Perché tutto ciò che non è autentico cade, e resta solo l'essenziale.
Ed è proprio qui che possiamo cominciare a porci la domanda più potente di tutte:
“A quale scopo faccio quello che faccio, penso quello che penso, dico quello che dico, spero quello che spero?”
Questa domanda ci restituisce immediatamente la responsabilità di ciò che viviamo. Ci obbliga a uscire dall'automatismo e a riconnetterci con l'intenzione. Non per giudicarci, ma per comprenderci.
Perché ogni azione ha un movente, consapevole o no. Nulla di ciò che facciamo, pensiamo o scegliamo è mai del tutto neutro: ogni gesto nasce da un bisogno, da un valore, da una paura, da un desiderio, da una convinzione radicata. Portare alla luce quel movente significa fare spazio alla verità, anche quando è scomoda o difficile da accettare. Significa smettere di vivere in reazione e cominciare a vivere in relazione: con sé stesse, con gli altri, con ciò che conta davvero.
Solo così possiamo scegliere davvero. È così che si comincia a costruire la direzione: non da fuori, ma da dentro.
Come scrive il filosofo israeliano Avishai Margalit,
"La speranza è una forma di memoria al futuro. Si spera perché ci si ricorda che in passato si è stati capaci di resistere, e di cambiare."
In questo senso, la speranza è molto più di un'emozione passeggera: è una potenzialità interiore. Martin Seligman, padre della psicologia positiva, la definisce come parte integrante della virtù della trascendenza, quella capacità dell’essere umano di stare ben piantati nel presente, e allo stesso tempo di collegarsi a un senso più grande, a una visione che dà significato anche alle difficoltà. Allenare la speranza significa allenare lo sguardo lungo, il coraggio gentile di credere che qualcosa di buono può ancora accadere — non perché tutto andrà bene da solo, ma perché noi possiamo fare la nostra parte per renderlo possibile.
Allora non serve avere un piano perfetto, ma serva avere una direzione.
Serve sentire che è il momento giusto e il posto giusto.
Non in modo rigido, ma amorevole.
Serve darsi uno spazio per ascoltarsi, farsi domande nuove, esplorare.
Serve riprendere contatto con il proprio centro, con ciò che è essenziale e non delegabile: la propria libertà interiore.
Ecco perché il Happy Life Balance non è un percorso motivazionale.
È un allenamento alla libertà personale, un invito a fermarti, respirare e chiederti:
“E se adesso scegliessi davvero me stessa, cosa cambierebbe?”
Darsi Da Fare, davvero.
Cambiare si può.
Ritrovare se stesse si può.
Allenare la felicità si può.
Ma serve DDF – Darsi Da Fare, non in modo frenetico, ma intenzionale.
E serve anche allenamento. Come per il corpo, anche la mente e il cuore hanno bisogno di esercizio costante e consapevole. Nessuno si sveglia un giorno con la forza interiore, la serenità o la lucidità già pronte. Si allenano. Si sviluppano un passo alla volta, attraverso piccoli gesti quotidiani, decisioni coerenti, momenti di presenza.
Per questo, la moda del momento che proclama "volere è potere" rischia di essere una grande illusione. Volere è un inizio, certo, ma non basta. Senza allenamento concreto e quotidiano, senza una pratica che trasforma la volontà in azione, quella volontà si esaurisce, si sgretola. È solo affermazione mentale. Funziona — e si potenzia davvero — solo se, e davvero solo se, è accompagnata da scelte reali, da esercizi interiori, da perseveranza. È lì che il potere personale prende forma: quando alleniamo ciò che vogliamo diventare.
Allenare la felicità significa imparare a scegliere ciò che ci fa bene, anche quando costa fatica. Significa allenare lo sguardo, la gratitudine, il perdono, la fiducia. Significa riscoprire che anche il coraggio è un muscolo: più lo usi, più diventa naturale.
Ecco perché parlo spesso di “allenamento alla felicità”: perché non è una condizione statica, ma un processo attivo, una pratica concreta, un cammino da vivere.
E questo è l’invito che ti lascio:
Non continuare a resistere. Inizia a rispondere.
Alle tue domande. Ai tuoi sogni. A quel bisogno profondo che hai dentro.
E se senti che è il tuo momento, io sono qui.
Il mio percorso Happy Life Balance è nato proprio per accompagnarti in questo passaggio.
Per non lasciarti sola nel cambiamento.
Perché sì, felici s’impara. Ma si impara insieme.