
03/04/2023
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03/04/2023
Voi “Montessori” lasciate fare quello che vogliono ai bambini!
Facciamo un po' di chiarezza sul concetto “libera scelta”.
Nell’ultimo paragrafo dell’articolo del mese scorso vi avevo scritto che i bambini hanno bisogno di regole, poche, chiare e semplici, e di limiti ben precisi, per affrontare con serenità il loro percorso di crescita, ed è proprio dentro queste regole e limiti che si sviluppa il concetto montessoriano di “libera scelta”.
Parlare di “libera scelta” non equivale a dire “fai quello che vuoi”. La “libera scelta” della quale parla Montessori è una conquista del bambino, che riesce a padroneggiare solo se la libertà si sviluppa in un ambiente preparato, progettato e studiato a sua misura e con al suo interno attività e lavori adatti a lui/lei senza pericoli. Per fare in modo che questo si realizzi serve anche un adulto che sappia accompagnare il bambino, senza prevaricarlo o sopraffarlo, così che il bambino/a possa liberamente scegliere quali attività e lavori utilizzare.
C’è un bellissimo passaggio nel libro “La mente del bambino” di Maria Montessori, a pag. 204, che chiarisce molto meglio delle mie parole il concetto. Una signora in visita ad una Casa dei Bambini chiese ad un bambino: “Così questo è un posto dove fate quello che volete, non è vero?” e il bambino rispose: “No, signora, noi non facciamo quello che vogliamo, vogliamo quello che facciamo”. “Il bambino sentiva la sottile differenza tra fare ciò che a uno piace e amare ciò che uno fa”, continua la dott.ssa Montessori.
Certo che i bambini sono liberi di scegliere, ma all’interno di un ambiente limitato e preparato per loro nei minimi dettagli, con un numero definito di attività e consapevoli che queste ultime vanno utilizzate in un determinato modo, rispettando l’ordine del materiale e il turno di utilizzo.
Permettere anche a casa, ai bambini, di attuare la libera scelta, così intesa, non è complicato, forse esce un pochino dagli schemi e necessita di alcune accortezze di arredamento, ma è una cosa assolutamente possibile che tramette un meraviglioso rispetto ai bambini e gli consente davvero di fare da soli.
Invito alla lettura:
Maria Montessori
La mente del bambino
Garzanti Elefanti

28/02/2023
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28/02/2023
Smettila di fare i capricci che sto perdendo la pazienza!
Cosa sono i capricci? Quali strategie adottare per “sopravvivere”?
Tutti abbiamo vissuto o assistito a momenti imbarazzanti, quando succede che, in un modo che ha quasi dell’incredibile un bambino/a, sembra che perda il controllo di sé stesso/a con pianti ininterrotti, urli esagerati, pretese inverosimili, e tutto questo trambusto, poi, senza nemmeno un motivo chiaro, ma solo per dar fastidio! Sale la tensione, salgono il nervosismo e la frustrazione di non riuscire a “comandare” quella piccola peste e… “un bello sculaccione te lo meriti proprio che non è mai morto nessuno”, la questione si chiude così, in modo agitato e teso, fino al prossimo episodio.
Niente di più irragionevole!
I comportamenti dei bambini hanno sempre un senso, sempre un motivo, sempre una direzione, sempre, anche quelli incomprensibili. Siamo noi, adulti/genitori/educatori a dover comprenderne il significato. I “capricci”, le reazioni esagerate, nascono da bisogni insoddisfatti, che, se pur a volte sono di difficile comprensione, ci lasciano spesso ampio spazio di risposta in diversi modi. I bambini non hanno bisogno di stimoli, ma di risposte ai loro bisogni!
Non fraintendetemi, non vi sto dicendo che i bambini devono averla “sempre vinta”, anzi hanno bisogno di regole e limiti ben precisi, ma è importante che ci dotiamo di alcune strategie che ci permettano di far fronte ai momenti critici:
Invito alla lettura:
Maria Montessori
Il bambino in famiglia
Garzanti Elefanti

30/01/2023
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30/01/2023
Dopo l'uscita sul giornale "Il Punto" del mio ariticolo mensile dedicato alla pedagogia Montessori, pubblicherò qui lo stesso articolo, da averne memoria.
Fermati un momento e osserva quel che succede!
Dal guardare all’osservare: come una nuova prospettiva di sguardo può fare la differenza.
Il metodo Montessori nasce dall’osservazione, si sviluppa, si organizza e via via si struttura, proprio attraverso l’osservazione. È una modalità particolare l’osservazione della quale parla Montessori, che posso tradurvi in questo concetto: ascoltare il bambino nel suo ambiente di esperienza. Si tratta, quindi, di acquisire una competenza osservativa che diventa un modo di porre attenzione al rapporto tra il bambino e il suo ambiente, tra il bambino e le attività che usa, tra il bambino e gli altri bambini e il suo modo di apprendere.
Questo tipo di osservazione, è per noi insegnati Montessori una bussola che, orienta sempre il nostro agire in merito allo studio e alla progettazione dell’ambiente di lavoro così come la proposta di attività.
Per un genitore, osservare può essere un modo molto efficacie per cogliere elementi importanti che riguardano il proprio figlio, certo è difficile che trattandosi di vostro figlio possiate osservare in modo del tutto oggettivo, ma dovete cercare di sforzarvi tenendo a mente anche le vostre fragilità. Si tratta d’imparare a tenere separati il vedere e il sentire, il giudizio e le emozioni, l’oggetto dell’osservazione dal soggetto. L’osservazione, così intesa, ha lo scopo di rendere visibile qualcosa che prima non vedevamo e quindi va messa in campo davanti a situazioni, che per un motivo o per l’altro, non risultano d’immediata comprensione.
Quali sono le condizioni ottimali per poter osservare, a casa, i vostri bambini?
Non improvvisiamoci psicologi o psicoterapeuti volendo interpretare chissà quali significati nascosti, osserviamo con umiltà, senza la pretesa di sapere già cosa accadrà, quello che vediamo negli atteggiamenti e nei comportamenti dei nostri bambini con lo scopo di rispondere alle loro esigenze con più consapevolezza e serenità.
Invito alla lettura:
Maria Montessori
Maria Montessori parla ai genitori
Il pensiero montessoriano spiegato alle famiglie
Prefazione di Paula Polk Lillard
Il leone verde

06/11/2022
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06/11/2022
Impariamo a non interferire con il lavoro del bambino
Molti genitori non credono più che i bambini siano vasi vuoti da riempire con informazioni, nozioni e buone maniere.
Hanno letto libri di educazione, hanno studiato pedagogisti e magari hanno anche ascoltato qualche formatore illuminato che spiegava cosa sono i bisogni dei bambini, così facendo si sono lasciati accompagnare in una conoscenza approfondita del “mondo dei bambini” per poter rispondere sempre meglio alle necessità infantili gettando le basi a fondamenta, attraverso una conoscenza approfondita, della personalità del futuro adulto o adulta.
Dai miei incontri con le famiglie che scelgono la filosofia della dott.ssa Montessori per l’educazione dei propri figli, mi rendo conto che, pur con le più buone intenzioni c’è ancora molta confusione sull’esatto loro compito educativo. Questa confusione nasce sopratutto dall’interpretazione, spesso troppo personale, data a concetti fondanti la pedagogia Montessori, quali “attività spontanea” e “libera scelta”.
Iniziamo dall’attività spontanea: questo concetto viene spesso utilizzato per riferirsi a due attività che compie il bambino e che sono molto diverse tra loro.
Una cosa è descrivere un bambino come molto attivo perché risponde agli stimoli esterni con continui movimenti e gesti senza distinzione; un’altra cosa è descrivere un bambino sempre come molto attivo quando osserva con attenzione e per un lungo momento un particolare oggetto del suo ambiente, in un contesto tranquillo.
Mentre leggete so per certo che già cogliete la differenza. L’attività del primo bambino è sì attiva, ma non formativa, i suoi movimenti sono dettati da disturbi esterni e questo bimbo si trova in una condizione di distrazione. L’attività del secondo bambino, invece, segue i propri bisogni e risponde alla sua necessità di esplorazione e conoscenza dell’ambiente, e ci troviamo di fronte alla vera e propria attività spontanea della quale parla Montessori, in quanto il lavoro del bambino in quel momento nasce dall’interno e non necessità dell’intervento dell’adulto, e allo stesso modo questo comportamento risponde alla libera scelta proprio perché liberamente il bambino segue i suggerimenti dei suoi bisogni interiori, ma, attenti bene, in un ambiente pensato, progettato a misura del bambino stesso quindi entro limiti ben definiti e precisi dettati dall’adulto educatore.
Questa attività spontanea risiede in ogni bambino e noi adulti educatori dobbiamo essere in grado di non sciuparla intervenendo con l’iperstimolazione o con la privazione. Se gli compriamo giocattoli colorati, sonori, con effetti luminosi, in più lingue, imponiamo ai bambini dei compiti che non sono in nessun modo collegati ai loro bisogni di crescita, e se di conseguenza li priviamo di oggetti semplici, comuni, di tutti i giorni, famigliari, sui quali potrebbe esprimersi la loro attività spontanea di curiosità e d’interesse, siamo noi a rendere i bambini insoddisfatti e sempre alla ricerca di altro, perché nessun vero lavoro appartiene a loro.
Come mai Maria Montessori parla di lavoro e non di gioco?
Perché i bambini amano conoscere in modo approfondito, amano concentrarsi ripetutamente, amano assorbire dentro se stessi quello che stanno facendo raggiungendo uno scopo, amano essere importanti e fare cose impegnative. Questo è lavorare e non giocare. Tutto, chiaramente, commisurato sempre alla loro età!
Noi adulti educatori dobbiamo con tutte le nostre forze comprendere questi concetti perché solo attraverso questa comprensione, permetteremo ai bambini di usare la loro attività spontanea attraverso la libera scelta, e senza il nostro intervento o aiuti non richiesti, lui o lei potrà costruire l’uomo o la donna che sarà domani.
Noi adulti crediamo di essere sempre e solo noi a lavorare sul serio, ed invece anche i bambini lavorano sodo, a differenza nostra, però, non lo fanno per creare dei beni materiali, ma per creare se stessi.
Facciamoci da parte allora e lasciamoli lavorare!
A presto!

12/07/2022
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12/07/2022
Le potenzialità…conosciamone l’importanza!
Le domande di coaching, solitamente, quelle che arrivano nel mio studio, nascono da problemi d’insoddisfazione nell’esigenza umana di autorealizzazione. Le persone vanno in crisi, nelle relazioni, nel lavoro, e anche nel rapporto con sé stessi.
Da dove nasce questo malessere, questo sentirsi inadeguati, insoddisfatti di quello che si ha o di quello che si fa?
Il tutto nasce dalla repressione di una o più potenzialità e per comprendere come è opportuno agire è fondamentale conoscere!
Cosa sono queste “potenzialità”?
Le potenzialità sono:
un tratto del carattere, come potrebbe essere l’amore per il sapere o l’intelligenza sociale che insieme concorrono alla formazione della nostra identità stabile;
attività complesse rappresentanti emozioni, pensieri e azioni frutto di scelte e motivazioni, come per esempio impegnarsi a studiare per amore del sapere per lavoro o per hobby;
processi relazionali positivi perché evocano negli altri piacevolezza e gratitudine, come quando ci fa piacere vedere una persona che aiuta un’altra in difficoltà, e si esprimono sempre in chiave relazionale;
sono valori, rappresentano punti di riferimento etici che ci orientano nel rapporto con il mondo, con la visione di noi stessi, con la relazione con gli altri e con il senso e il significato del nostro fare.
Non esiste una potenzialità senza sentimento, senza desiderio, piacere, gratificazione e coinvolgimento. È una delle espressioni più intime della nostra personalità e uno degli aspetti più caratterizzanti e importanti è che è ispirata e seguita da emozioni positive nel momento in cui si mette in atto, sia per chi la esprime sia per chi la riceve. L’emozione positiva che ne scaturisce, che si sente, è la verifica pratica che una potenzialità è tale e personale. Lo senti, e lo senti molto bene quando qualcuno accanto a te sta esprimendo una sua potenzialità, che la persona ne sia consapevole o meno, tu, che gli sei o le sei accanto percepisci un piacere molto intimo e profondo nello stare insieme a quella persona. Solo emozioni positive sperimentate come la gioia, l’interesse, il coinvolgimento o il divertimento possono indicarci una potenzialità.
Le prime potenzialità da conoscere sono quelle di specie, ossia quelle universali, presenti in ogni individuo. Queste potenzialità di base inficiano, se non si esprimono, lo sviluppo di tutte le altre e rappresentano le fondamenta per la costruzione di un rapporto sano con sé stessi.
Ve le elenco brevemente, qui sotto, ma vi rimando per un bel approfondimento al testo di Luca Stanchieri “Scopri le tue potenzialità” di FrancoAngeli edizioni, che chiaramente illustra nello specifico tutte e 24 le potenzialità.
Quelle di base, universalmente presenti in ognuno di noi sono:
Se davvero vogliamo essere felici, senza se e senza ma, qualcosa che fino ad oggi non abbiamo fatto, lo dovremo pur fare, non credete?
Iniziamo con il conoscerci meglio rispondendo ad alcune domande iniziali che, in seguito ci accompagneranno alla scoperta delle nostre potenzialità …tipo:
Cosa significa per me prendersi cura di sé?
Quanto tempo dedico a questa attività?
Cosa faccio concretamente?
Rispondendo a queste domande, apparentemente semplici, s’inizia la ricerca della felicità attraverso il DDF!
Buon lavoro per ora!

06/06/2022
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06/06/2022
“Se nella verde etade alcun trascura di lodato sapere ornar la mente, quando è giunta per lui l’età matura d’aver perduto un si gran ben si pente. Cercando allor, ma trovasi a man vuote: potea, non volle, or che vorria non puote”.
(da “I due susini di Luigi Facchi detto Clasio)
Ricordavo bene il testo, ma per riportare alla mente l’autore e il titolo ho dovuto affidarmi a Google! Mi regalò questa frase il mio zio preferito mentre soffrivo di pene d’amore da ragazza. Il testo, che ben conservavo nella memoria, in poche parole trasmette l’importanza del rispetto dei tempi naturali per l’evoluzione umana e mi porta, oggi, ad un pensiero molto significativo della Montessori: “Per costruire il futuro è necessario vigilare sul presente. Quanto più verranno curati i bisogni di un periodo, tanto maggior successo avrà il periodo successivo”[1].
Viviamo una vita frenetica, fatta di mille e uno impegni, per noi, per i nostri figli, per tutti insomma. Spesso diciamo: “non ho tempo, mi spiace” ad un invito per un caffè, o di fronte a qualcuno che semplicemente avrebbe desiderio di scambiare quattro chiacchere con noi. Per prima io mi ritrovo, auto osservandomi, a mettere in ansia i miei famigliari, facendo loro fretta per i motivi più svariati o essendo preda dell’impazienza per un ritardo di qualche minuto oppure anche solo per un: “aspetta!!”.
Messa così, proprio non capivo perché le attività proposte ai bambini dovevano essere in un unico esemplare e capito ancora meno il significato dell’attesa. Non che a livello di pensiero razionale non lo ritenessi importante , ma si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo tanto, tanto fare: una cosa è credere di esercitare un certo comportamento, un’altra cosa è farlo; aspettare e rispettare i tempi degli altri, i tempi dei bambini, era un aspetto che avevo trascurato e che ho recuperato attraverso la lentezza: mi sono accorta in tempo che i sogni, a occhi aperti e chiusi, possono essere accolti e anche realizzati, quando non siamo più schiavi dei ritmi dettati dall’esterno, dalla fretta nevrotica del fare e dall’impazienza.
Tutto il lavoro della Dottoressa Montessori rispetta in modo rigoroso e scientifico il tempo della natura delle cose e i periodi sensitivi sono l’esempio principe su tutti: questi periodi, sensitivi non a caso, sono legati a precise fasi di sviluppo fisico e psichico, ed è in questi specifici momenti che gli avvenimenti accadano, che il piccolo d’uomo costruisce la propria personalità, non prima e non dopo. Questo aspetto focale ci porta ancor meglio a comprendere come l’ordine dello scorrere della vita infantile debba essere rispettato senza affrettare nessun tempo.
Oggi è come se vivessimo in un mondo con l’acceleratore sempre schiacciato al massimo e siamo in preda ad una frenesia dell’anticipo e senza quasi rendercene conto siamo nel circolo della società dell’usa e getta, siamo in un “tempo freccia”[2] che ha tolto il tempo dell’attesa con tutto il suo immaginario di aspettative.
Tutta l’impostazione del metodo scientifico Montessori ci porta esperienze di vita scolastica e formativa che vedono la pazienza e il tempo dell’attesa come base fondante per la costruzione dell’uomo. Nelle realtà montessoriane la lentezza è di rigore, le presentazioni dei lavori e dei materiali vanno fatte lentamente, in silenzio; i bambini non vivono l’ansia del risultato, o la competizione, ma l’esperienza: questo è uno dei motivi per cui non ci sono mai due attività uguali.
Che ne dite di darsi una regolata?
Provate ad andare piano, cercate di “perdere tempo” con la consapevolezza che lo state guadagnando in una migliore qualità della vita.
Vi lascio il titolo del bellissimo libro di Zavalloni: “La pedagogia della lumaca” per approfondire in maniera semplice, ma non scontata l’argomento della conquista dell’andare piano iscrivendosi al PIL che non ha niente a che fare con l’economia: Partito degli Incontri Lenti[3].
[1] M. Montessori, LA MENTE DEL BAMBINO, Garzanti, Milano 2016, pag. 193
[2] G. Zavalloni, LA PEDAGOGIA DELLA LUMACA, Ed. Missionaria Italiana, Città di Castello 2008, pag. 22
[3] Ibid., pag. 15