
24/04/2025
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24/04/2025
Quando un figlio “non sta bene” ma non sa dirlo
Imparare ad ascoltare le richieste di aiuto emotivo dei nostri bambini (e di noi stessi)
Nessuno cresce da solo
Essere genitori, oggi più che mai, è un’avventura che mette alla prova il cuore, la mente, la pazienza.
È una sfida che spesso si vive nella solitudine delle proprie stanze, tra il desiderio di fare del proprio meglio e il senso di inadeguatezza che arriva quando le cose non vanno come vorremmo.
C’è un punto però da cui partire sempre, ed è questo:
nessuno cresce da solo. Né i bambini, né noi adulti. Crescere è una questione di relazioni, di sguardi, di ascolto, di presenza. È una strada che si percorre insieme.
E allora, quando ci troviamo a chiederci “Perché mio figlio si comporta così?”, “Cosa posso fare per aiutarlo?”, forse la domanda più profonda che possiamo porci è:
“Sto riuscendo a vedere davvero ciò che mio figlio mi sta dicendo, anche quando non trova le parole per farlo?”
Questo articolo vuole essere una carezza e uno strumento: un piccolo compagno di viaggio per tutte le mamme, per tutti i papà, per tutte le famiglie che ogni giorno si mettono in gioco nell’educare e nel crescere insieme.
Quando i bambini ci chiedono aiuto… senza saperlo dire
Spesso, quello che leggiamo come “capricci”, “opposizione”, “provocazione” è in realtà una forma primitiva, a volte disperata, di esprimere un bisogno emotivo profondo. Una richiesta di aiuto.
I segnali che ci stanno dicendo: “Aiutami, sto facendo fatica” possono essere tanti, tra cui:
Rabbia esplosiva e crisi di pianto senza motivo apparente
Comportamenti regressivi (pipì a letto, linguaggio da più piccolo)
Chiusura nel silenzio o nel ritiro sociale
Frasi come “Non ce la faccio”, “Sono cattivo”, “Nessuno mi vuole bene”
Paure improvvise, attaccamento eccessivo, ansia da separazione
Disturbi fisici senza cause mediche (mal di pancia, mal di testa…)
Calo nel rendimento scolastico, difficoltà di concentrazione
Questi segnali sono il modo in cui i bambini ci chiedono di fermarci, di guardarli, di ascoltarli davvero.
Non sono esagerazioni. Non sono solo fasi. Sono richieste di aiuto.
E il primo passo per poterli accompagnare è allenare la nostra capacità di osservare e di ascoltare.
Quella stessa osservazione che Maria Montessori ci invita a coltivare ogni giorno, non per controllare, ma per capire chi abbiamo davvero davanti, senza sovrapporre le nostre paure o aspettative alla loro realtà.
5 passi concreti per accogliere le richieste di aiuto dei nostri figli
Fermati. Respira. Guarda.
Non agire subito. Fai una pausa, ascolta cosa sta accadendo dentro di te e fuori.
Nomina quello che osservi, senza interpretare.
“Vedo che sei molto arrabbiato.”
“Sento che sei triste oggi.”
Evita di etichettare o giudicare.
Offri uno spazio di ascolto autentico, senza forzare.
Anche un semplice “Io ci sono, quando vuoi parlarne” può fare la differenza.
Riconosci il bisogno, non solo il comportamento.
Quale bisogno sta cercando di esprimere mio figlio? Sicurezza? Attenzione? Amore?
Coltiva quotidianamente il tempo della relazione.
Anche solo 10 minuti di gioco o dialogo esclusivo al giorno, senza distrazioni. È tempo di qualità che nutre la fiducia.
E i papà? Anche il loro sguardo è fondamentale
Sì, spesso sono le mamme a sentire sulle spalle il carico più grande. Ma educare non è (e non dovrebbe mai essere) un mestiere solitario.
Ogni papà porta con sé potenzialità preziose: stabilità, gioco, tenerezza, forza, pazienza.
A volte i papà restano in disparte perché si sentono meno competenti, o perché pensano che certe cose siano “da mamma”. Ma non è così. Ogni gesto di presenza autentica, ogni parola detta col cuore, costruisce fiducia, sicurezza, amore.
Essere papà è essere parte viva di quella base sicura di cui ogni bambino ha bisogno.
Anche solo un “sono qui”, anche solo uno sguardo che dice “ti vedo”, può cambiare le cose.
La coppia come primo ambiente educativo
L’equilibrio emotivo di un bambino si nutre anche della serenità e della sintonia tra chi si prende cura di lui.
Non si tratta di essere sempre d’accordo su tutto, ma di essere una squadra, di avere il coraggio di parlarsi, di confrontarsi, di scegliere insieme la direzione da dare all’educazione dei propri figli.
Quando mamma e papà si sminuiscono a vicenda, quando si contraddicono davanti ai figli, si apre una crepa nella fiducia. Al contrario, quando si sostengono, anche nelle differenze, i figli respirano sicurezza, coerenza, amore.
Prendersi cura della relazione di coppia significa anche prendersi cura del benessere dei propri bambini.
Come ci insegna il coaching umanistico, ogni crescita personale si nutre di relazioni buone, di dialoghi sinceri, di alleanze forti.
Se senti che da sola non ce la fai… sappi che non sei sola
Non esistono genitori perfetti. Esistono genitori che si mettono in gioco. Che si fanno domande. Che scelgono di imparare, di allenarsi, di chiedere aiuto quando serve.
E questo non è un segno di debolezza. È il primo atto di cura verso sé stessi e verso i propri figli.
Se queste parole ti hanno parlato, se ti sei riconosciuta tra queste righe, ho pensato a uno spazio speciale proprio per te.
Sta per nascere un nuovo spazio di condivisione educativa:
La Stanza del Noi
Dove le relazioni fioriscono, e grandi e piccoli imparano a diventare sé stessi
Un gruppo online per mamme, papà, educatori, nonni: per chi desidera confrontarsi, imparare, sentirsi meno solo nella meravigliosa fatica dell’educare.
Ci troveremo ogni 15 giorni, il giovedì sera alle 21.00, a partire da giovedì 8 maggio, in un clima accogliente, rispettoso e autentico.
Per partecipare, è richiesto solo un piccolo gesto di responsabilità e appartenenza:
una quota simbolica di 20€ all’anno, dalla data di iscrizione.
Un modo semplice per dare valore a ciò che stai scegliendo di costruire insieme a me, e per sostenere questo spazio nel tempo.
Se senti che è arrivato il momento di prenderti cura anche di te, della tua relazione con i figli, con il partner, con te stessa, scrivimi.
Ti risponderò con gioia.
Perché sì: felici s’impara. E insieme, si fiorisce meglio.
Con affetto e presenza,
Santina
La tua allenatrice di felicità

08/03/2025
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08/03/2025
Viviamo in un mondo che, per troppo tempo, ha suggerito che per essere forti, per essere ascoltate, per "avere un posto" nel mondo, le donne debbano somigliare agli uomini. Ci hanno detto che dobbiamo acquisire la loro forza, il loro modo di pensare, la loro determinazione quasi aggressiva, per poter emergere. Ma è davvero così? O c'è un'altra via, un'altra forma di potere che non ha bisogno di somigliare a nessun altro se non a noi stesse? In questo articolo voglio esplorare il valore della differenza, il potere autentico della femminilità e come riscoprirlo nella vita di tutti i giorni.
Ciascuno di noi porta dentro di sé sia energia maschile che energia femminile. Non si tratta di una contrapposizione, ma di una complementarietà naturale che, quando armonizzata, ci permette di essere completi. La società, tuttavia, ha spesso spinto le donne a sviluppare la propria parte maschile, come se solo attraverso questa potessero essere considerate autorevoli. Ma la vera forza sta nell'accogliere entrambe le energie dentro di noi, senza doverne rinnegare una per emergere.
Come family coach Montessori e life coach umanista, vedo ogni giorno quanto sia importante per le donne riconoscere e valorizzare le proprie potenzialità senza sentire il bisogno di conformarsi a modelli prestabiliti. L'educazione alla vita e alla felicità passa attraverso la consapevolezza di sé, il rispetto della propria natura e la capacità di esprimere con autenticità ciò che siamo davvero.
Non esiste un unico modello di potere. Il nostro mondo, per essere completo, ha bisogno di entrambe le visioni: quella maschile e quella femminile. Ma il problema sorge quando una di queste visioni viene considerata l’unico standard valido.
Le donne pensano in modo diverso dagli uomini, e questo è un dono. Il loro modo di riflettere, di percepire il mondo, di affrontare i problemi è unico e imprescindibile per l’evoluzione della società. Il nostro potere non sta nel cancellare questa differenza, ma nel renderla sempre più visibile, valorizzarla e celebrarla.
Il Metodo Montessori insegna l’importanza della libera espressione e dell’ascolto profondo dei bisogni di ciascun individuo. Applicato alla nostra crescita personale, questo significa accettare la nostra diversità come una ricchezza, non come un limite.
Per troppo tempo la forza è stata vista solo nella sua dimensione fisica o nella competitività. Ma la vera forza, quella che resiste, che trasforma, che innova, ha molte altre forme:
È la forza della capacità di ascoltare senza prevaricare.
È la forza di costruire connessioni profonde.
È la forza della resilienza, della cura, della capacità di adattarsi e innovare.
Le donne, storicamente, hanno esercitato queste forme di potere in modo straordinario. L’educazione alla felicità, che è parte centrale del coaching umanistico, ci insegna che la vera forza sta nell’autenticità, nella capacità di essere pienamente noi stesse senza bisogno di indossare maschere.
Viviamo in un’epoca in cui i social media ci mostrano continuamente modelli di donna che oscillano tra due estremi: da un lato l’iper-femminilità performativa, dall’altro l’imitazione del modello maschile. Ma esiste un terzo spazio: quello in cui possiamo essere semplicemente noi stesse, senza sentirci obbligate a rientrare in un canone prestabilito.
I social possono essere strumenti potenti per ridefinire la narrazione sulla femminilità, ma dobbiamo usarli in modo consapevole. Creare una nuova immagine di potere femminile significa proporre contenuti che mostrino la bellezza della diversità, che raccontino la forza della vulnerabilità e la potenza dell’autenticità.
Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero. In un’ottica di coaching umanistico, questo significa allenare le nostre potenzialità e costruire uno sguardo orientato ai nostri punti di forza, anziché soffermarci su ciò che ci manca o su chi dovremmo essere secondo le aspettative sociali.
Quali sono le caratteristiche che ci rendono uniche?
Quali pensieri, quali sogni, quali modalità di vivere il mondo ci appartengono profondamente?
Quali condizionamenti sociali ci spingono a nascondere parti di noi?
Attraverso la scoperta e l’allenamento delle nostre potenzialità, possiamo trasformare il nostro modo di vivere, riconoscendo che ciò che ci rende diverse ci rende anche potenti. Il coaching umanistico ci insegna a guardare oltre le etichette, a riscoprire il valore delle nostre inclinazioni naturali e a farne strumenti di crescita e realizzazione.
Ogni donna ha dentro di sé una riserva di forza, creatività, empatia e coraggio che può sviluppare consapevolmente. Il percorso di riscoperta della propria essenza è un viaggio di libertà interiore, un cammino di autoeducazione alla vita e alla felicità, esattamente come insegna il metodo Montessori: attraverso l’osservazione di sé, la sperimentazione e la fiducia nei propri talenti.
La libertà più grande sta nell’accettazione di sé. Questo è il cuore del mio lavoro: aiutare le donne a riconoscere la loro potenza, a trovare la propria voce, a vivere la propria vita in armonia con ciò che sono. Essere donne non significa aderire a modelli precostituiti, ma avere il coraggio di riscoprire chi siamo davvero.
Non dobbiamo essere più simili agli uomini per essere forti. Dobbiamo essere più simili a noi stesse. La potenza della femminilità non sta nell’omologazione, ma nella differenza. Non sta nel conformarsi, ma nel riscoprirsi. E solo quando saremo consapevoli della nostra unicità potremo davvero esprimere il nostro potere nel mondo.
Felici s’impara. E si impara anche ad essere pienamente donne, nella forza della nostra essenza.
A presto,
la tua allenatrice di felicità.

06/03/2025
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06/03/2025
Ti è mai capitato di dire (o solo pensare): "Non ce la faccio più!"? Di sentirti sopraffatta dalle richieste, dalle urgenze, dai bisogni degli altri? Di esplodere e poi pentirtene subito dopo?
Se la risposta è sì, voglio dirti una cosa importante: non sei sola.
La pazienza non è infinita. E non si tratta di una virtù che alcune persone possiedono e altre no. La pazienza è una competenza, un'abilità che possiamo imparare e allenare. E nel momento in cui scegli di lavorarci sopra, inizi a trasformare non solo il tuo benessere, ma anche quello della tua famiglia.
Prima di trovare le strategie per gestire la calma, dobbiamo capire perché la perdiamo così facilmente. Le ragioni possono essere molte, ma ecco alcune delle più comuni:
1️⃣ Sovraccarico mentale: quando hai mille cose da gestire (casa, lavoro, figli, impegni) la tua mente si riempie e il tuo sistema nervoso va in tilt. Il cervello, sotto stress, diventa meno capace di gestire le emozioni.
2️⃣ Mancanza di tempo per sé: essere sempre a disposizione degli altri senza mai ricaricare le energie è la ricetta perfetta per l'esplosione.
3️⃣ Aspettative troppo alte: vorremmo bambini collaborativi, un partner sempre in sintonia, una casa ordinata. Ma la realtà è diversa. Accettarla non significa rassegnarsi, ma imparare a vivere con maggiore leggerezza.
4️⃣ Mancanza di strumenti educativi efficaci: spesso, la nostra impazienza deriva dal fatto che non sappiamo come affrontare le situazioni critiche in modo diverso. Se l'unico strumento che conosciamo è alzare la voce, lo useremo, anche se sappiamo che non funziona.
5️⃣ Stanchezza emotiva: quando siamo mentalmente ed emotivamente esaurite, la nostra soglia di tolleranza si abbassa. Ecco perché alcune cose che di solito riusciamo a gestire con un sorriso, in certi momenti ci sembrano insopportabili.
Sul web e sui social, le domande più frequenti sulla pazienza in famiglia rivelano un grande bisogno di strategie concrete. Eccone alcune:
1. È normale perdere la pazienza con i miei figli?
Assolutamente sì. Non siamo robot e non possiamo essere pazienti 24 ore su 24. L'importante non è essere sempre calme, ma riconoscere i segnali del nervosismo e intervenire prima di esplodere.
2. Come faccio a smettere di urlare?
Urlare è il segnale di un accumulo di tensione. Se vogliamo smettere, dobbiamo lavorare a monte: ridurre lo stress, riconoscere quando stiamo per perdere la calma e trovare strategie alternative per comunicare.
3. Come posso mantenere la calma quando i miei figli non ascoltano?
Imparando a guardare la situazione con occhi diversi. Spesso pensiamo che il bambino ci stia sfidando, mentre in realtà sta solo esprimendo un bisogno o una difficoltà. Se smettiamo di vederlo come un "capriccio" e iniziamo a chiederci "cosa sta cercando di dirmi?", tutto cambia.
4. Come posso evitare di scaricare lo stress sulla mia famiglia?
Prendendoci spazi di decompressione durante la giornata. Anche solo 5 minuti per respirare, bere un tè caldo o ascoltare una canzone che ci piace possono aiutarci a ridurre la tensione.
�� Il respiro consapevole: quando senti che stai per perdere la pazienza, fermati e fai tre respiri profondi. Questo aiuta il cervello a passare dalla reazione impulsiva a una risposta più calma.
�� Tecnica Montessori dell'osservazione: prima di intervenire, prova a osservare senza giudicare. Cosa sta realmente succedendo? Spesso, vedendo la situazione con più distacco, la tensione si scioglie.
�� Cambia prospettiva: chiediti "Questa situazione sarà ancora un problema tra una settimana?". Se la risposta è no, forse non vale la pena perdere la calma.
�� Trova una frase ancora più potente dell’urlo: invece di dire "Basta!", prova a dire "Respiriamo insieme e troviamo una soluzione". Non solo abbassi il livello di tensione, ma offri un modello di gestione delle emozioni ai tuoi figli.
Se senti che la pazienza ti sfugge di mano e vuoi strumenti pratici per gestire meglio lo stress e la comunicazione in famiglia, ho creato un corso pensato proprio per te:
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Un’esperienza pratica e coinvolgente per aiutarti a: ✔ Riconoscere i segnali del nervosismo prima che prenda il sopravvento ✔ Apprendere tecniche per mantenere la calma nelle situazioni difficili ✔ Trasformare il conflitto in un’opportunità di crescita ✔ Avere più serenità e leggerezza nella vita quotidiana
�� Nuova edizione in partenza martedì 18 marzo in presenza in studio da me a Gardone val Trompia, dalle 20 alle 22, oppure on line giovedì 20 marzo su piattaforma meet dalle 18 alle 20.
Scrivimi per info e per prenotare il tuo posto!
La pazienza è un'abilità, e come ogni competenza, si sviluppa con l'esercizio. Non essere troppo dura con te stessa: ogni giorno è un'opportunità per migliorare, per ascoltarti e per trovare strategie più efficaci.
E tu? Qual è la situazione in cui perdi più spesso la calma? Te leggo volentieri se vuoi condividere i tuoi pensieri.
A presto
Santina, la tua allenatrice di felicità.

05/03/2025
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05/03/2025
Ti sei mai chiesto come puoi aiutare tuo figlio a relazionarsi meglio con gli altri? A essere sicuro di sé nelle amicizie, a saper esprimere i suoi bisogni senza imporsi e a rispettare quelli degli altri senza subire? Sono domande che ogni genitore si pone, perché sappiamo che le relazioni sono una parte fondamentale della vita, eppure non nasciamo "imparati".
Le competenze sociali non sono innate: si sviluppano, si allenano, si costruiscono giorno dopo giorno. Ad esempio, quando un bambino gioca con altri e si trova di fronte a un disaccordo, impara a negoziare, a condividere e a esprimere le proprie emozioni. Ogni interazione, anche le più piccole, diventa un'opportunità per sviluppare empatia, rispetto e capacità comunicative. E qui entra in gioco il nostro ruolo di genitori, educatori, guide silenziose. Il Metodo Montessori e il coaching umanistico ci insegnano che il bambino non ha bisogno di essere plasmato, ma di essere accompagnato con rispetto alla scoperta del suo potenziale sociale. Vediamo insieme come possiamo farlo nel quotidiano.
Le competenze sociali sono quell’insieme di capacità che permettono a tuo figlio di creare relazioni sane e rispettose. Tra le più importanti troviamo:
Empatia (capire cosa provano gli altri e rispondere con sensibilità),
Comunicazione efficace (saper esprimere pensieri e sentimenti con sicurezza),
Ascolto attivo (prestare attenzione senza interrompere o giudicare),
Gestione dei conflitti (trovare soluzioni invece di imporsi o chiudersi),
Collaborazione (costruire insieme invece che competere).
Queste competenze non si insegnano con le sole parole, ma si apprendono attraverso le esperienze quotidiane. Ecco perché è essenziale offrire ai bambini occasioni concrete per allenarle.
Maria Montessori parlava di "ambiente preparato", uno spazio fisico e relazionale che permette al bambino di sviluppare autonomia e rispetto reciproco. Questo principio vale anche per la socialità. Come possiamo creare un ambiente che favorisca lo sviluppo delle competenze sociali?
Diamo libertà con responsabilità → Se vogliamo che i bambini imparino a gestire i rapporti, dobbiamo permettere loro di sperimentare. Un bambino che può scegliere come interagire impara anche a gestire le conseguenze delle sue scelte.
Insegniamo attraverso l’esempio → I bambini ci osservano più di quanto ci ascoltino. Se vogliamo che imparino a chiedere "Per favore" o "Come ti senti?", dobbiamo farlo noi per primi.
Favoriamo le interazioni di gruppo → In un ambiente Montessori i bambini collaborano più che competere. Anche a casa, possiamo creare occasioni di collaborazione: cucinare insieme, costruire un puzzle in due, prendersi cura di una pianta in famiglia. Il messaggio è chiaro: insieme possiamo fare grandi cose.
Le parole hanno un potere enorme: possono costruire ponti o creare muri. Pensiamo a quando un bambino fa un errore: se gli diciamo "Sei sempre distratto!", lo etichettiamo e lo facciamo sentire incapace. Ma se invece gli diciamo "Hai fatto un errore, può capitare! Vediamo insieme come correggerlo", gli trasmettiamo fiducia e lo aiutiamo a sviluppare una mentalità di crescita.
Invece di dire: “Smettila di fare storie”, possiamo dire “Vedo che sei arrabbiato, vuoi raccontarmi cosa succede?”.
Invece di “Non essere timido”, proviamo con “Se vuoi, possiamo trovare insieme un modo per avvicinarti ai tuoi amici”.
Questo è il cuore della Comunicazione Non Violenta (CNV): un linguaggio che aiuta i bambini a riconoscere e esprimere i propri bisogni senza aggressività né chiusura. Un’abilità che li aiuterà per tutta la vita e che rafforza la loro sicurezza emotiva.
I bambini apprendono "lavorando". Nel metodo Montessori le attività per i bambini vengono definite "Lavori" in quanto sempre, sempre hanno uno scopo e una finalità ben precise. E alcune attività possono essere potenti strumenti per allenare le competenze sociali:
Giochi di ruolo: inventare storie in cui devono "mettersi nei panni" di un altro li aiuta a sviluppare empatia.
Sport di squadra: collaborare per un obiettivo comune migliora la gestione delle dinamiche di gruppo.
Attività artistiche di gruppo: musica, teatro, disegno collettivo... tutto ciò che permette di esprimersi insieme, senza competizione.
Queste esperienze aiutano il bambino a scoprire sé stesso in relazione agli altri, stimolando la sua sicurezza sociale e la capacità di cooperare.
Un conflitto tra bambini è un’occasione di crescita, non un problema da eliminare. Immagina due bambini che vogliono giocare con lo stesso giocattolo: invece di intervenire subito con un “datevelo a turno”, possiamo aiutarli a trovare una soluzione autonoma chiedendo: “Come potete fare per risolvere questa situazione in modo che entrambi siate contenti?” Questo approccio insegna loro a riflettere, negoziare e trovare accordi, sviluppando competenze fondamentali per la vita. Il nostro compito non è risolverlo al posto loro, ma aiutarli a trovare strumenti per affrontarlo.
Accogliere le emozioni: "Capisco che sei arrabbiato, è normale sentirsi così quando ci sentiamo esclusi."
Fare domande invece di dare ordini: "Cosa pensi che potresti fare per risolvere questa situazione?"
Rinforzare i progressi: "Mi è piaciuto come hai chiesto a Luca di spiegarti perché era arrabbiato. Questo è un modo bellissimo per capirsi meglio."
Quando i bambini imparano a risolvere i conflitti con rispetto e intelligenza emotiva, costruiscono relazioni più forti e durature.
Le competenze sociali sono come muscoli: più le alleniamo, più diventano forti. E proprio come per i bambini, anche noi adulti possiamo chiederci: come possiamo migliorare la nostra capacità di comunicare, ascoltare e gestire i conflitti? Essere un modello positivo per i nostri figli significa anche allenare le nostre competenze sociali, con consapevolezza e desiderio di crescita. E non si allenano solo a scuola o tra amici, ma in ogni relazione, ogni giorno.
Come genitori, possiamo creare un ambiente in cui nostro figlio possa scoprire il piacere di relazionarsi con gli altri, senza paura, senza maschere, con autenticità e fiducia.
Se vuoi approfondire questi temi e scoprire come applicare il metodo Montessori e il coaching umanistico nella tua quotidianità, continua a seguirmi. Perché felici si impara, e la felicità è anche nelle relazioni che scegliamo di costruire!

30/01/2025
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30/01/2025
Mamme tra lavoro e famiglia: il vero equilibrio esiste?
Sono una mamma. Sono una professionista. Sono una donna con sogni, desideri, ambizioni e, come tutte, con una vita da incastrare tra mille impegni.
E sì, me lo sono chiesto anche io tante volte: E se mollassi tutto?
Se un giorno decidessi di smettere di lavorare per dedicarmi completamente alla mia famiglia? Se potessi finalmente vivere senza corse, senza il senso di affanno, senza la sensazione di essere sempre in ritardo sulla mia stessa vita?
Perché diciamocelo: essere una mamma che lavora non è facile. Ma nemmeno essere una mamma a tempo pieno lo è.
La verità è che la società ci chiede continuamente di scegliere: o sei una mamma realizzata nel lavoro, indipendente e in carriera, oppure sei una mamma che si dedica interamente alla famiglia e che “sacrifica” sé stessa per il bene dei figli.
Ma io non credo nelle scelte nette. Io credo nell’equilibrio. Credo nella possibilità di trovare un modo per essere una mamma felice senza rinunciare a una parte di sé.
Quel pezzo che manca sempre…
Non molto tempo fa, sono stata costretta a fermarmi per qualche giorno. L’influenza mi ha tenuta a casa e, per la prima volta dopo tanto tempo, non avevo scadenze, appuntamenti, corsi da preparare.
All’inizio mi è sembrato bellissimo: poi qualcosa ha iniziato a scricchiolare, mi sentivo inquieta. Mi mancava un pezzo.
Perché sono una mamma, ma sono anche una persona che ama il suo lavoro, che ha costruito un percorso, che si sente viva quando può aiutare le persone a riscoprire sé stesse. E, anche se amo profondamente stare con mio figlio, sentivo che, senza quel pezzo, mi mancava qualcosa di essenziale.
E allora mi sono chiesta: quante mamme si sentono così? Quante si trovano divise tra il desiderio di essere presenti e il bisogno di non perdersi come donne?
Mamme lavoratrici: il dilemma tra felicità e sensi di colpa
Noi mamme lavoratrici conviviamo con una sensazione che sembra non lasciarci mai: il senso di colpa.
���� “Se lavoro, i miei figli sentono la mia mancanza.”
������ “Se resto a casa, perdo una parte di me.”
Ogni scelta sembra sbagliata.
Eppure, nel tempo ho capito che non è la quantità di tempo che passo con mio figlio, e la mia famiglia a fare la differenza, ma la qualità di quel tempo.
Perché posso essere presente tutto il giorno e sentirmi frustrata e distratta. Oppure posso avere meno tempo, ma viverlo con autenticità, presenza e connessione.
E questo me lo ha insegnato proprio il Metodo Montessori, che applico nel mio lavoro come educatrice e Family Coach:
✔ Un bambino non ha bisogno di una mamma sempre presente, ma di una mamma felice.
✔ L’indipendenza è un valore, per i figli e per le madri.
✔ Un ambiente armonioso conta più delle ore trascorse insieme.
Se mi sento bene con la mia vita, mio figlio lo percepisce. Se io sono felice, lui/lei cresce con una mamma che gli trasmette sicurezza e amore.
E allora ho smesso di farmi la domanda sbagliata (è meglio lavorare o restare a casa?) e ho iniziato a chiedermi: come posso costruire un equilibrio che mi faccia sentire bene?
Mamme a tempo pieno: libertà o gabbia invisibile?
Dall’altra parte, ci sono mamme che scelgono di dedicarsi completamente alla famiglia. E spesso mi capita di lavorare con loro nei miei percorsi di coaching: Mamma Life Balance.
Alcune sono felici, altre no.
Perché il problema non è se si lavora o meno, ma se quella scelta è consapevole o subita.
Ho conosciuto mamme che si sono sentite costrette a lasciare il lavoro perché non c’era abbastanza supporto, perché conciliare tutto sembrava impossibile. Donne che hanno sacrificato sé stesse senza accorgersi che, col tempo, quel sacrificio si trasformava in frustrazione.
E allora iniziano a sentirsi invisibili, a percepire che il loro valore è legato solo a quello che fanno per gli altri. E una mamma che non si sente più vista, amata e valorizzata, lentamente smette di sentirsi felice.
Ecco perché il vero punto non è scegliere tra lavoro e famiglia, ma scegliere noi stesse, scegliere di stare bene.
Il segreto della felicità materna: scegliere il proprio equilibrio
Non esiste una formula perfetta per tutte, e ancor di più non esiste la “Bacchetta magica” che con un incantesimo fa cambiare le cose. Esiste il DDF, quello sì, esiste davvero, bello, chiaro, e limpido come l’acqua: Darsi Da Fare.
Esistono mamme che amano il loro lavoro e si sentono complete così.
Esistono mamme che si realizzano nella cura della famiglia e stanno bene in questa dimensione.
Ed esistono mamme che devono ancora trovare la loro strada.
Ma c’è una cosa che ho imparato: quando una mamma è felice, tutta la famiglia sta meglio.
E allora smettiamo di sentirci in colpa.
Smettiamo di farci definire dagli schemi esterni.
Smettiamo di chiederci se stiamo facendo abbastanza.
E iniziamo a chiederci: come voglio sentirmi?
Perché essere mamme è una parte di noi, ma non è tutta la nostra identità.
E la felicità, come sempre, si impara strada facendo.

27/12/2024
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27/12/2024
Gentilezza e Gratitudine: i 5 passi per realizzarle
Un altro anno è passato, e in questi giorni di bilanci e riflessioni non posso che fermarmi un momento e lasciar parlare il cuore. Sono grata. Grata per tutto quello che ho ricevuto in questi mesi: l’affetto di chi mi segue, la fiducia dei miei clienti, e le connessioni profonde che si sono create grazie al lavoro che amo. Ogni messaggio, ogni incontro, ogni confronto ha lasciato un segno e mi ha ricordato una cosa fondamentale: nulla avviene per caso.
La gentilezza e la gratitudine sono state il filo conduttore di questo anno. Sono partite da piccoli gesti e hanno trovato la strada per tornare, amplificate, come un’energia silenziosa e potente. Penso a tutte le volte in cui, lavorando con una famiglia o durante un percorso di coaching, un gesto gentile o un sincero “grazie” ha cambiato l’atmosfera, sciolto tensioni, aperto nuovi orizzonti. Gentilezza e gratitudine non sono solo valori, ma potenzialità concrete, capaci di trasformare il nostro modo di vivere e relazionarci.
L’ho capito ancora più chiaramente grazie ad alcune esperienze recenti. Partecipare all’aperitivo del Movimento Mezzopieno mi ha fatto riflettere sul valore della gratitudine e della gentilezza nella costruzione di comunità positive. Regalare a mio figlio un libro come Sii gentile mi ha ricordato che queste virtù si possono insegnare, allenare e coltivare. Ogni volta che ho scelto di essere gentile – con me stessa, con gli altri, con le sfide quotidiane – ho visto come questa scelta tornasse indietro sotto forma di sorrisi, riconoscimenti e momenti di pura bellezza.
I 5 passi per realizzare gentilezza e gratitudine nella vita quotidiana:
Fermati e osserva: Trova ogni giorno un momento per notare ciò che hai, le persone che ti stanno accanto e i piccoli gesti di cui sei grato. La consapevolezza è il primo passo.
Pratica il grazie sincero: Ringraziare non è solo cortesia, ma un modo per riconoscere e valorizzare gli altri. Dillo spesso, dillo con il cuore.
Allenati alla gentilezza: Fai un piccolo gesto gentile ogni giorno, senza aspettarti nulla in cambio. Anche una parola di incoraggiamento può fare la differenza.
Scrivi la tua gratitudine: Tieni un diario della gratitudine. Ogni sera, annota tre cose belle accadute nella giornata. Ti sorprenderà quanto c’è per cui essere grati.
Sii gentile con te stesso: Non dimenticare che la gentilezza inizia dentro di noi. Trattati con amore e comprensione, soprattutto nei momenti difficili.
Gentilezza e gratitudine sono contagiose. Si diffondono da cuore a cuore, creando legami che superano le differenze e ci fanno sentire parte di qualcosa di più grande. Sono semi che possiamo piantare ogni giorno, con gesti semplici ma significativi: un grazie sincero, un complimento inaspettato, un ascolto attento. E sono anche il modo più autentico per dire "ti vedo, ti riconosco, e scelgo di esserci per te".
In chiusura di questo anno, voglio ringraziarvi tutti. Grazie per la fiducia, per le parole di incoraggiamento, per i vostri percorsi di crescita che mi avete permesso di accompagnare. Ogni passo insieme è stato un dono, e non vedo l’ora di continuare questo cammino nel nuovo anno.
Vi lascio con una domanda che è anche un augurio:
come possiamo rendere la gentilezza e la gratitudine i pilastri del nostro prossimo anno?
Io credo che siano i doni più grandi che possiamo fare, a noi stessi e al mondo.
Grazie di cuore, e che il nuovo anno porti a tutti noi ancora più motivi per essere grati, gentili e felici. ��
Con affetto,
Santina